Vincenzo Bindi
Gaetano Braga da' ricordi della sua vita


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     Aveva allora 14 anni, ma rimase così colpito ed entusiasta dell'abilità di lui e del modo così espressivo come dal suo istrumento sapeva trarre suoni tanto dolci, delicati e commoventi, che fece lì per lì il proponimento di suonare il violoncello come Bazzini suonava il violino. Tornato in Collegio, ad onta dell'ora tarda, si provò, ma inutilmente, dopo due ore di lavoro, a ripetere un pezzo a doppia corda, che il maestro aveva suonato divinamente. Ed allora si dette seriamente e con metodo allo studio del difficile istrumento, ritenendo necessario di formarsi uno stile a sé per potersi presentare ai concerti ed al giudizio del pubblico con una fisionomia sua, senza imitar mai la maniera di nessuno. “Oggi, purtroppo, i violoncellisti mirano a sbalordire coloro che li ascoltano con pezzi non adatti al violoncello, pezzi che i pianisti eseguono meglio di loro, mentre abbandonano quel grandioso, solenne ed espressivo canto, tanto naturale all'indole del nostro istrumento.
     La mia lunga vita artistica mi dette sempre ragione; quantunque non avessi mai temuto, anzi vittoriosamente superate tutte le difficoltà (49) che quell'istrumento presenta, pure ho seguito sempre l'indole e la natura bellissima e seria dell'istrumento stesso e la missione che è destinata ad esercitare, senza mai ricorrere a quegli acrobatismi violinistici, che possono affascinare sul momento, ma non commuovere il pubblico". Il nostro Braga seguì sempre il precetto Oraziano: si vis me flere, flendum est primum ipsi tibi; Berlioz ebbe per lui grande ed affettuosa stima, principalmente per l'insuperabile espressione e per gli appassionati ed umani accordi che sapeva trarre dal suo violoncello, e vivamente desiderò, ed ottenne, che Egli suonasse in orchestra, e fu l'unica volta, una composizione sua: nelle varie parti del mondo, quando suonava, spesso scorgeva lagrime su gli occhi di quelli che lo ascoltavano; ma anche egli era fortemente commosso e, nel ringraziare, dirottamente piangeva; ed allora la parte eletta del pubblico, acclamandolo, lo accompagnava fino a essa, e così acquistò conoscenze ed amicizie e divenne intimo di uomini illustri.

(49) A proposito delle difficoltà, che Egli magistralmente superava col suo violoncello, racconta questo aneddoto: "A Parigi, tra l'altro, suonai una sera un pezzo assai difficile in una brillante serata con molto successo: la padrona di casa disse ad un violoncellista tedesco, che si trovava presente: 'Come suona bene quel Braga!' Quello rispose: 'Si, ma la musica di Braga è così facile che si suona col naso'. Lo riseppi, me ne offesi e subito scrissi a Tito Ricordi a Milano: 'Ti regalo un pezzo per violoncello Souvenir du Rhin a condizione che me lo mandi subito stampato. Dopo pochissimi giorni, mi presento con quella musica dal violoncellista tedesco, pregandolo di accettare la copia di quel pezzo da lui udito e dopo un mese farmelo sentire. Lo rividi dopo un mese, ma mi disse di non potermelo suonare perché era troppo difficile! Tutto allegro gli risposi, che avrei presa subito una carrozza e mi sarei recato dalla padrona di casa per raccontarle tutto. Il mio primo concerto è stampato da Ricordi, il secondo da Venturini di Firenze. Ebbene, gl'impiegati delle due case mi dissero che i pezzi trovavano pochi compratori, perché difficili. Per me li suonavo, e in tutte le Città, con accompagnamento di orchestra ed ebbi sempre gran successo e dal Piatti elogi assai". Spesse volte se la piglia col pianoforte, che chiama causa prima della distruzione della missione della vera musica : in esso si trova la nota bella e fatta: ma in nessun altro strumento dell'orchestra, specialmente negli strumenti da corda, si sentono più velocissimi acrobatismi musicali; per esso le dissonanze e qualunque stonazione passano placidamente sotto l'uragano delle note che emette". E conchiude le sue osservazioni con l'affermare: “Rimpiango la mia vita randagia che non mi ha permesso di formare allievi secondo i miei principii: nessun suono di altro strumento mi ha data mai tanta emozione quanto il suono del violoncello; da che lasciai Parigi il 1894, spesso mi sono esercitato in casa mia sul violoncello, formandomi un programma che rigorosamente eseguivo, pur non avendo altro pubblico che me stesso, e più volte, condotto a termine un pezzo, mi applaudivo, gridando: Bravo, bravo D. Gaetano!".