Il sig. Ayr, benché cremazionista, pure dice apertamente negli annali di chimica del 1882 che gli elementi cadaverici per l'inumazione o tumulazione, rimangono inerti e confinati in un tumulo od in una fossa.
Seymour-Haden, ispettore dei cimiteri della Gran Brettagna, dice a sua volta, che la terra è il rimedio più energico contro le putrefazioni. Mantegazza il celebre e popolare igienista italiano dice: «la piccolissima dose di ossigeno che è in contatto dei cadaveri, li fa decomporre in un modo tutto speciale; spesso si trasforma profondamente senza che emani alcun fetore, come avviene quando ha luogo la saponificazione». (Nuova ant. lett. 1898). Ed aggiunge inoltre: «Uno strato di alcuni palmi di terra è uno dei più potenti disinfettanti ed isolatori dei corpi in putrefazione». Seguono Mantegazza i professori Vic d'Azyr, Leclerc, Depaul, Riant, Lancisi, Metaxtà ed il Zinno di Palermo.
Ascoltiamo ora Scarenzio di Pavia: «Con corpi rinchiusi e fuori dal contatto dell'aria, ogni fantasma di rapida putrefazione, di putridume, di corrosione, di vermi (che non possono prodursi mancando l'aria), scompare affatto; il nostro corpo in quella condizione, a poco a poco si dissolve o si saponifica. Si è detto, è vero, che la superficie dei cimiteri è cosparsa alle volte di vermi e di parassiti, dipendenti dai cadaveri sottostanti. E' un errore, è una falsità. Dessi trovansi dovunque, ma provenienti dalle sostanze organiche di tutti i terreni incolti, e scompaiono non appena si tolga il primo straterello di quella terra donde si videro provenire. — Giornale di Pavia n. 41 del 1891.
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