Giannina voleva che le sue poesie improvvisate e stampate si fossero vendute ad utile di qualche pio Istituto di beneficienza. Napoli, appena libera, nella persona del direttore della P. Istruzione il De Santis, decretò alla nostra Giannina una pensione in testimonianza d'onore. Anche l'ordine di S. Maurizio e Lazzaro la onorò di una pensione. Teramo, per non essere da meno le costituì, a ricordanza del ritorno di lei in patria, una rendita annuale di lire 150; poca cosa in paragone delle altre, ma grande per le forze della città natale.
Prese parte a molte opere di beneficienza. e a merito di queste nel 1864 a Firenze una eletta di gentildonne raccolte dalla Marchesa Giulia Tassoni Ridolfi si proposero di onorare di un dono nazionale la Milli e riuscirono con sottoscrizioni del fiore delle signore italiane a costituire una rendita di 1800 lire annuali godute dalla poetessa per tutta la vita. Questa rendita si chiamò 'Istituzione Milli' da godersi, dopo la improvvisatrice teramana, dalla donna celebre designata da Milano.
Anche in un altro campo, nella scuola, nel magistero, mostrò gran tesoro di doti speciali per dirigere le giovani intelligenze. Ebbe incarichi delicatissimi in quegli anni specialmente tra la vecchia e le nuova forma di reggimento. In vero lei vivendo a Napoli, fin dal 1865 il ministero della Pubblica Istruzione la nominava ispettrice delle scuole elementari e delle normali in Terra di Lavoro; altra volta degli Istituti pii e delle scuole private in Napoli, e da ultimo con eguale incarico nelle tre provincie delle Puglie.
A Roma nell'ottobre 1872 si aprì la scuola normale per le allieve e le maestre, alla quale l'anno appresso si aggiunse il convitto. Ora la Milli, chiamatavi dal suo amico Scajola, allora ministro della Pubblica Istruzione, diresse quell'Istituto e in pari tempo si consacrò alla cattedra insegnandovi i principii di storia e di morale, e quindi anche la letteratura pei due corsi superiori. Per quattro anni vi diresse l'Istituto femminile e vi sostenne l'insegnamento. Nella scuola non pareva lei. Non voli di fantasia, non divagazioni, ma filo di logica per una esposizione chiara ed ordinata dei principii.
Ferdinando Cassone e Giannina Milli (1876)
Nell'Istituto di Roma conobbe il prof. Ferdinando Cassone, allora ispettore delle scuole e nel 26 ottobre del 1876 lo sposò. Per dieci anni felice delle gioie domestiche visse la tranquilla vita e desiderata di famiglia seguendo il marito, avanzato già provveditore agli studi, da Roma a Caserta, da Caserta a Bari ove perdè la madre nel 1884, da questa città ad Avellino.
E' di questo anno una lettera della Milli alla amica contessa Clara Maffei, nella quale la poetessa, provata evidentemente dal gravissimo lutto, si lascia andare alla malinconia per quel 'lontano tempo in cui mi sgorgavan dal cuore più che dal labbro le fervide armonie impensate! (...) Quei giorni di entusiasmo e di fede robusta mi sembrava un sogno (...) e dove sono que' tanti illustri e benedetti amici la cui semplice approvazione mi valea infinitamente più delle fragorose testimonianze di lode' (...) Spariti quasi tutti (...)"
Avellino vede aggravarsi il male del marito e lo allontana dall'ufficio conducendolo a Firenze per richiamarlo a salute. Ma invano, perchè nel 29 febbraio del 1888 dopo due anni di strazi inenarrabili ve lo perde. Il cuore tutto affetto della Milli non resse sano alla lunga, penosa e tremenda malattia del marito senza più il bene dell'intelletto, e alla morte di lui sentì ferita mortale. Alle sei del mattino dell'otto ottobre dello stesso anno 1888 cessava di battere quel cuore di tanto nobile sentire e il telegrafo l'annunciava alle cento città d'Italia.
Oh come passò placidamente! Sentiamolo dalla voce della nipote: "Dopo soli otto giorni da che era tornata dalla campagna, la sera che precedette la sua morte, stava non male; ma faceva discorsi tristi, sebbene con la più grande tranquillità. 'Vedi, mi diceva, non mi sarei aspettata una vecchiaia così malinconica, nè un destino così disgraziato. Morrò e tu sola sarai vicina al mio letto; anzi neppur tu te ne accorgerai'. Alla cognata, venuta a tenerle compagnia in quella sera faceva progetti per l'avvenire; ma nel separarsi da lei 'pregate per me, le disse, quando vi sveglierete dimani'. A mezza notte prese la solita dose di cloralio..., e la mattina alle sei il suo cuore cessò di battere; nè io me ne accorsi, se non quando sentii nelle mie mani la fredda mano di lei: tanto tranquillamente era passata di questa vita".
Firenze, come aveva onorato in vita la poetessa, la onorò in morte. Il Municipio le rese le estreme onoranze e il fiore della cittadinanza accorse a darle il supremo addio, quella cittadinanza, a cui ella con tanto affetto e gratitudine nelle ore più fervide dell'estro aveva rivolto i suoi accenti commossi. Il Ministro della Pubblica Istruzione, l'on. Boselli, si fece rappresentare alle esequie. Scomparsa la persona della Milli, vive nei contemporanei la sua immagine cara ed affascinante.
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