IL TRAGICO DIARIO - Estratto dal Registro esistente presso il rifugio "Garibaldi" a quota 2200 s.l.m. nel Campo Pericoli del Gran Sasso d'Italia.
8 febbraio 1929
Arriviamo al Rifugio, lo troviamo completamente coperto dalla neve, l'interno in grandissimo disordine. Manca la pala; cosa grave, data la stagione. Mancano molte stoviglie. Manca l'ascia per spaccare la legna. Al camino della cucina è stato tolto il cappuccio, ragione per cui si è riempito di neve e di ghiaccio, e riesce penoso farlo funzionare. Coloro che vengono d'estate ignorano probabilmente che cosa sia l'inverno quassù, e solo ammettendo questo, sono scusabili del disordine in cui hanno lasciato il Rifugio. Ripetiamo poi, come sia specialmente dannosa l'assenza della pala, che ci impedisce di chiudere la porta costringendoci così a dormire quasi all'aperto.
9 febbraio 1929
Siamo senza orologio, partiamo a giorno alto diretti al Corno Piccolo; giungiamo dopo circa due ore attraverso varie difficoltà per le orribili condizioni della neve valangosa alla Sella dei Due Corni. Attacchiamo immediatamente la cresta Sud-Sud Est (Chiaraviglio Berthelet). Al tramonto giungiamo al Cencione sotto la Mitria. Siamo costretti a tornare a causa della notte prossima e delle mani gelate; il freddo è stato di una intensità straordinaria. L'esser costretti ad andare senza guanti fa gelare immediatamente le mani, che diventano in pochi secondi di un colore giallo. La perdita di un sacco aggrava le nostre condizioni. La via da noi seguita è d'estate un'interessante arrampicata, ma senza mai gravi difficoltà; è in questa stagione straordinariamente difficile e pericolosissima date le condizioni della neve.
Il freddo era tale che le mani si appiccicavano alla roccia e al ferro della picozza a causa della loro umidità, che gelava immediatamente al contatto.
Anche la saliva gelava subito al contatto della roccia.
Abbiamo percorso circa la metà della cresta nella sua parte più difficile. Se non fosse stato il pensiero di una notte passata all'aperto con questa temperatura sarebbe stata quasi impossibile a superarsi, saremmo giunti in vetta. Ritorniamo al rifugio dopo aver ricuperato il sacco per il passo del Cannone e per la Conca degli Invalidi. Il percorso viene compiuto di notte.
Togliendoci le scarpe troviamo i nostri piedi in una fodera di ghiaccio e ci accorgiamo di averne ciascuno uno congelato.
Ci massaggiamo immediatamente con neve e poi con alcool; si gonfiano prendendo l'aspetto di cotechini e sono perfettamente inservibili.
10 Febbraio
Stiamo smaltendo il congelamento. I piedi non accennano a sgonfiare. La mano di Mario è nelle medesime condizioni.
11 Febbraio
Idem come il giorno precedente: fuori nevica.
12 Febbraio
Ci svegliamo la mattina completamente sepolti: la neve caduta durante la notte ha otturato il pertugio che serviva d'ingresso.
La mancanza della pala ci mette in serie difficoltà.
Siamo costretti a gettare la neve dentro il rifugio per chiudere la porta. Siamo veramente dispiacenti di questa cosa, ma non possiamo fare altrimenti. Coloro che verranno dopo di noi ci vorranno scusare.
(Seguono come scritte in furia e in un'altra ora queste loro ultime parole).
Terminate le provviste, decidiamo o meglio speriamo di giungere a Pietracamela. I piedi nelle medesime condizioni.
Tempo pessimo.
PAOLO EMILIO CICHETTI
MARIO CAMBI
La salma di Paolo Emilio Cichetti fu rintracciata, non lungi da Pietracamela, il 18 febbraio; quella di Mario Cambi, dopo lunghe e pazienti ricerche compiute da un reparto di alpini, da militi forestali, dagli aquilotti di Pietracamela, ed altri volenterosi, poco più a monte, il 25 aprile, quando il disgelo delle nevi le discoperse.
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