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FERNANDO AURINI, Il 15 aprile "I Compagnacci" riprenderanno finalmente il loro cammino.
In "Orizzonti d'Abruzzo", a. 5 (1962), n. 50, pp. 37-38.


A vent'anni dalla morte di Primo Riccitelli, i suoi "Compagnacci" riprenderanno finalmente il loro cammino. data per la prima volta all'allora "Costanzi" di Roma la sera del 10 aprile 1923, l'opera del Maestro abruzzese ottenne un successo che rimane memorabile nella storia del teatro lirico italiano. A rileggere i giornali di allora si ha l'impressione di un delirio quale si era verificato soltanto in pochi, rarissimi casi. Riccitelli era all'ordine del giorno, era il nuovo astro che sorgeva, la promessa certa della continuazione di una tradizione musicale gloriosissima. All'indomani della prima rappresentazione, Il Messaggero scriveva: "Alla fine dell'atto unico, ascoltato con crescente interesse e con infinito gradimento, è scoppiato un applauso così prorompente e clamoroso che pochi se ne possono registrare di simili. Non solo le alte sfere sempre più pronte all'entusiasmo, come al dissenso, ma la platea, i palchi, l'orchestra si sono sbrigliati nei battimani". E Il Corriere della Sera: "Al libretto di Forzano il maestro Riccitelli, ha dato una musica fluida, calda, sia nelle parti liriche che in quelle comiche. Appena si è chiuso il velario, il pubblico, unanime, scoppia in applausi entusiastici, chiamando alla ribalta una quindicina di volte l'autore e gli artisti e parecchie altre volte l'autore solo, che appariva molto commosso per questo suo successo". "Un trionfo: ecco la cronaca dello spettacolo di ieri sera", nota Il Giornale d'Italia. "Quante volte il musicista de 'I Compagnacci' - si chiedeva La Tribuna - ha dovuto esibirsi alla folla acclamante? Una dozzina di volte, ma forse anche quindici. Negli ultimi tempi soltanto il Mascagni era stato gratificato di una simile orgia di applausi. Non occorre aggiungere altro". E L'Epoca riconosceva che Riccitelli aveva dato "un piccolo gioiello, che il pubblico ascoltò con vivo interesse ed applaudì con una intensità che ci ha fatto rivivere i tempi di un altro battesimo trionfale al 'Costanzi': quello di 'Cavalleria Rusticana' ". E Il Giornale di Roma riportava: "Quando l'atto si è chiuso e, dopo le prime acclamazioni agli esecutori, è comparso alfine sul palcoscenico Primo Riccitelli dalla platea, dai palchi, dalle barcacce, dall'anfiteatro e dal loggione è partita una manifestazione commossa che si è prolungata per molti minuti. Automaticamente tutti gli spettatori si sono levati in piedi, offrendo uno spettacolo superbo e indimenticabile. Applaudiva, insieme con l'auditorio, tutta l'orchestra e plaudivano dal palcoscenico gli interpreti de 'I Compagnacci'. L'ovazione di popolo decretata ieri sera al Maestro Riccitelli è la prova migliore che gli italiani sono assetati di musica, di musica vera". Anche Il Mondo registrava il successo clamoroso de 'I Compagnacci': "Un successo, se dobbiamo adoperare la parola giusta, delirante. Dopo vari applausi a scena aperta, alla chiusa dell'opera c'è stata un'ovazione scrosciante. Artisti, direttore, e poi l'autore solo, sono stati chiamati al proscenio fra la crescente tempesta dei battimani, pestate di piedi, ululati di gioia, sventolii di fazzoletti". "Finalmente - riconobbe Il Corriere d'Italia - da un concorso sono venuti fuori un'ottima opera e un autentico musicista italiano. Il successo è stato grandioso. Un vero trionfo per Riccitelli e l'arte nostra. Le chiamate a Riccitelli non si contano. Il velario, si può dire, sia rimasto aperto per oltre venti minuti per una continua ovazione. Il pubblico pareva non si volesse staccare dall'autore che, impacciato, chiuso in un semplice abito da passeggio, emozionato fino al pianto, sembrava estraneo a quanto avveniva intorno a lui. Il pubblico, dalla galleria ai palchi, alle poltrone, è tutto in piedi, come un sol uomo. Si sventolano fazzoletti, si agitano braccia, si applaude, si grida. Poi il palcoscenico si è riempito di gente che voleva salutare e abbracciare l'autore, che fino a ieri oscuro e poverissimo, oggi finalmente era baciato in fronte dalla gloria".
I Compagnacci girarono il mondo. Passarono dal "Costanzi" alla "Scala", dal "Metropolitan" di New York al "Colon" di Buenos Aires, dall'Avana al Cairo e in altri cento teatri. Furono interpretati dagli artisti più famosi: Beniamino Gigli, Miguel Fleta, Claudia Muzio, Carmen Melis, Paolo Civil, Giovanni Voyer, Antonio Cortis, ecc. ecc., e furono diretti, fra gli altri, da Pietro Mascagni, Arturo Toscanini, Gabriele Santini, Oliviero De Fabritiis e Fabbroni. I "Compagnacci" avevano tutto per resistere al tempo e, invece, all'improvviso, si fece su di loro il silenzio: un silenzio ostile, implacabile, ingiustificato. Dovettero lasciare il passo - come notò un critico autorevolissimo alla morte di Riccitelli - ad altre opere che non avevano nè la vitalità né la spontaneità né la musicalità di questa opera, esaltata prima e poi abbandonata.
Questo silenzio era del tutto estraneo al valore dell'opera, dipendeva da molte e diverse circostanze, ad una specie di tragica fatalità che sempre s'accanì contro Riccitelli vivo e continuò a perseguitarlo anche dopo morto. Dovevano passare più di venti anni dalla sua scomparsa prima che l'arte si potesse vendicare del destino! Nei giorni 15, 19 e 24 aprile il pubblico italiano verrà rimesso finalmente davanti al piccolo capolavoro riccitelliano che si riallaccia al prodigio verdiano del Falstaff; e se questo, oltre che al librettista de "I Compagnacci", Giovacchino Forzano, ad un uomo, specialmente, che con la sua passione di abruzzese, con la sensibilità che lo contraddistingue per tutte le cose belle, ha reso possibile, attraverso il suo costante, alto interessamento, il miracolo di questa ripresa dell'opera di Riccitelli in uno dei teatri più importanti del mondo: vogliamo dire a Giuseppe Spataro.
Era da anni che il Ministro Spataro perseguiva questo suo nobile scopo di togliere da un oblio ingiusto ed inesplicabile il nome e l'opera di quel grande e sventurato artista che fu Primo Riccitelli. Già si era fatto promotore di una ripresa de "I Compagnacci" che ebbe luogo a Teramo nel 1952. In quell'occasione, rievocando Riccitelli, Spataro ebbe a dire tra l'altro: "In una stanza dell'albergo 'Plaza' di Roma, Pietro Mascagni, qualche mese prima della sua morte, volle testimoniare ancora una volta, a me abruzzese, la sua ammirazione per Primo Riccitelli e il suo rimpianto per la scomparsa prematura, dopo un lungo periodo di silenzio e come ho poi saputo, anche di disagi e di tormenti. Chissà quanti disagi e quanti tormenti passano nella vita di un artista come Primo Riccitelli; un proposito deve sentire oggi nel proprio cuore: non dimenticare la sua fatica! Facciamo in modo che Riccitelli dopo la morte possa ancora vivere nella sua musica!".
La sera del 14 aprile quando "I Compagnacci", sgranchite le gambe dopo anni di forzata immobilità, si arrampicheranno ancora sui tetti per scendere lungo i camini alla conquista delle belle donzelle, "obbligate dagli esosi piagnoni a vestir grigi abiti di penitenza", Giuseppe Spataro, quella sera potrà allora ben dire d'aver veramente assolto il suo compito, fino all'ultimo. E forse si vedrà accanto, evocato dalla musica, il Maestro, il viso triste e tormentato finalmente disteso in un grande e soddisfatto sorriso.
FERNANDO AURINI