NOVELLE ITALIANE DALLE ORIGINI AL CINQUECENTO


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     Adorna di bellezze il suo bel viso,
     Discesa par dal sommo paradiso.

     Tanto quello scudier glie la laudava
     Che Ottinello si fu innamorato:
     Giorno e notte mai altro non pensava
     Che modo e che partito aver trovato
     Posser aver quel che desiderava,
     Di rimirar quel viso angelicato;
     Ma per la inimistà sì aspra e forte
     Nessuno osava uscir fuor delle porte.

     Venne per questo sì malinconoso
     Pallido, smorto e senza alcun colore:
     Soletto stava in camera doglioso,
     Era cagione il traditor d'Amore.
     E dì e notte sempre sta pensoso;
     La crudel fiamma gli bruciava il core:
     Con lagrime, suspiri e gran lamento
     Stavasi quasi come un corpo spento.

     Piangendo: Ah crudo Amor, così dicia,
     Come consenti tanta crudeltade?
     Vedi che mi consumo notte e dia:
     O Dea Venus, abbi di me pietade!
     In el suo core un gran pensier facia

     Partirsi ascoso da quella cittade.
     E come disperato fu partito,
     Non sapendo nessun dove sia gito.

     Il padre in quelle parti fe' cercare
     Mandando messi per ogni contrada;
     E mai nessuno lo poté trovare,
     Perché del camminar non stette a bada:
     Per questo si voleva disperare.
     In ver Cicilia lui prese la strada;
     Cinque anni in quelle parti dimoroe,
     Dipoi indietro a Capua tornoe.

     In la sua corte il signor Captano
     Per suo scudiero l'ebbe ricevuto;
     In quella corte da nessun pagano
     Ottinello non era conosciuto.
     Il giovinetto con la sua degna mano
     Serviva innanzi al principe saputo
     Con due coltelli con gran reverenzia;
     Da ciaschedun avia benivolenzia.

     Più e più mesi quel nobil servente
     Servì a tavola al signor nominato:
     Maravigliar facea tutta la gente,


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