NOVELLE ITALIANE DALLE ORIGINI AL CINQUECENTO


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     Aveva frate Lorenzo, il quale per alcune bisogne del monisterio poco fuori della città era andato, la lettera che la Giulietta scrisse, e che egli a Romeo doveva mandare, data ad un frate che a Mantova andava; il quale giunto nella città, ed essendo due o tre volte alla casa di Romeo stato, né per sua gran sciagura trovatolo mai in casa, e non volendo la lettera ad altri che a lui proprio dare, ancora in mano l'avea; quando Pietro, credendo morta la sua madonna, quasi disperato, non trovando frate Lorenzo in Verona, deliberò di portare egli stesso a Romeo così mala novella, quanto la morte della sua donna pensava ch'essere gli dovesse. Perché tornato la sera fuori della terra al luogo del suo padrone, la notte seguente sì verso Mantova camminò, che la mattina per tempo vi giunse. E trovato Romeo, che ancora dal frate la lettera della sua donna ricevuta non avea, piangendo gli raccontò, come la Giulietta morta avea veduto seppellire; e ciò che per lo addietro ella avea e fatto e detto, tutto gli espose. Romeo, questo udendo, pallido e come morto divenuto, tirata fuori la spada si volle ferire per uccidersi; pure da Pietro ritenuto, disse: La vita mia in ogni modo più molto lunga essere non puote, poscia che la mia propria vita è morta. O Giulietta mia! io solo sono stato della tua morte cagione; perocché a levarti dal padre, com'io ti scrissi, non venni. Tu, per non abbandonarmi, morire volesti; ed io per tema della morte viverò solo? questo non fia mai. Ed a Pietro rivolto, donatogli un bruno vestimento ch'indosso avea, disse: Vattene, Pietro mio. Quindi partito, e Romeo solo serratosi, ogni altra cosa men trista che la vita parendogli, quello che di se stesso fare dovesse, molto pensò. Ed alla fine come contadino vestitosi, ed una guastadetta d'acqua di serpe, che di buon tempo in una sua cassa per qualche suo bisogno serbato avea, tolta e nella manica messalasi, a venir verso Verona si pose; tra sé pensando e desiderando, ovver per mano della giustizia, se trovato fosse, rimaner della vita privato, ovvero nell'arca, la quale ben sapea dov'era, con la sua donna rinchiudersi ed ivi morire. A questo ultimo pensiero si gli fu la fortuna favorevole, che la sera del dì seguente, in che la donna era stata seppellita, in Verona senza essere da persona conosciuto entrò; ed aspettata la notte, e già sentendo ogni parte di silenzio piena, verso il luogo de' frati minori, ove l'arca era, si ridusse. Era questa chiesa nella Cittadella, ove questi frati in quel tempo stavano; e avvegnaché dappoi, non so come lasciandola, venissero a stare nel borgo di Santo Zeno, nel luogo che ora Santo Bernardino si noma, pure fu ella dal proprio Santo Francesco già abitata; presso le mura della quale, dal canto di fuori, erano appoggiati allora certi avelli di pietra, come in molti luoghi fuori delle chiese veggiamo: uno de' quali antica sepoltura di tutti i Cappelletti era, e nel quale la bella giovane si stava. A questo accostatosi Romeo (che forse verso le quattr'ore poteva essere) e, come uomo di gran nerbo ch'egli era, per forza il coperchio levatogli, e con certi legni, che seco portati aveva, in modo puntellato avendolo, che contra sua voglia chiuder non si potea, dentro vi entrò e lo rinchiuse. Avea seco lo sventurato giovane recato un lume orbo per poter la sua donna alquanto vedere; il quale, rinchiuso nell'arca, di subito tirò fuori ed aperse, ed ivi la sua bella Giulietta, tra ossa e stracci di molti morti, come morta vide giacere. Onde immantinente, forte piangendo, così cominciò: Occhi, che agli occhi miei foste, mentre che piacque al cielo, chiare luci; o bocca, da me mille volte si dolcemente baciata; o bel petto, che il mio cuore in tanta letizia albergasti; ove io ora ciechi, muti e freddi vi ritrovo? Come senza di voi veggo, parlo o vivo? o misera mia donna, ove sei da amore condotta? il quale vuole, che poco spazio due tristi amanti spegna ed alberghi! Oimè! questo non mi promise la speranza e quel disio, che del tuo amore primieramente m'accesero. O sventurata mia vita, a che più ti reggi? E, così dicendo, gli occhi, la bocca e il petto baciava, ognora in maggior pianto abbondando, nel qual diceva: O sasso, che sopra mi stai, perché addosso di me cadendo non fai vie più breve la mia vita? Ma perciò che la morte in libertà di ognuno esser si vede, vilissima cosa per certo è desiderarla, e non prenderlasi. E così l'ampolla, che con l'acqua velenosissima nella manica aveva, tirata fuori, parlando segui: Io non so qual destino sopra i miei nemici, e da me morti, nel loro sepolcro a morire mi conduca; ma poscia che, o anima mia, presso alla donna nostra così giova il morire, ora moriamo. E postasi a bocca la cruda acqua nel suo ventre tutta la ricevette. Dappoi presa l'amata giovane nelle braccia, forte stringendola, così dicea: O bel corpo, ultimo termine di ogni mio disio, se alcun sentimento dopo il partir dell'anima ti è restato, o se ella il mio crudo morire vede, prego, che non le dispiaccia, che non avendo io teco potuto lieto e palese vivere, almen secreto e mesto io muoia. E, molto stretta tenendola, la morte aspettava.


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