Il fatto era che la motocicletta, pur essendo molto amata dai giovani, non godeva di grandi simpatie presso i bempensanti della pubblica opinione, che lo ritenevano una prerogativa per spiriti originali ed avventurosi, per “figli di papà” o per “snob”. Aldo Farinelli, (3) corrispondente del quotidiano La Stampa, in un articolo del 1933 scriveva che “la motocicletta era sino a ieri tipicamente quell'ordigno, fragoroso e disdicevole per antonomasia, del quale ci si accorgeva soltanto quando nasceva qualche pubblica occasione per denigrarla”.
Il fascismo, nell'intento di andare verso il popolo, volle allora ispirare quelle attività che venivano un tempo ritenute appannaggio delle classi sociali più elevate, cominciando dalla pratica di sport che non erano popolari, come gli sport motoristici. L'obiettivo era quello di conquistare i favori della pubblica opinione e riabilitare l'immagine del motociclista, il quale era “compatito dai colleghi, deriso dai compagni, tollerato dai famigliari, dai vicini di casa, dai superiori, bersagliato dalla stampa di provincia; […] il candidato motociclista di ieri aveva una spiccata tendenza a sentirsi un eroe nel compiere il gran passo del primo acquisto”. (4)
La strada per lo sviluppo del motociclismo venne quindi spianata anche attraverso una serie di provvedimenti legislativi e fiscali che vennero emanati già a partire dal 1933, come l'abolizione della patente di guida per tutte le moto, ed un nuovo assetto legislativo che riduceva al minimo le formalità richieste per la circolazione di questo mezzo. (5) Malgrado ciò, e nonostante l'altissimo incitamento venuto dal Duce al motociclismo, nel 1935 in molte province italiane era ancora in atto una situazione di stasi, e si registrava una flessione nell'incremento delle moto circolanti. La motocicletta entusiasmava soprattutto i giovani, ma la moto di serie si vendeva “infinitamente meno delle automobili”. (6) Le istituzioni del partito fascista si adoperavano per avviare i giovani alla “scuola di virile ardimento” quale era considerato lo sport motociclistico, e tra le direttive di Starace per le attività dei Fasci Giovanili di Combattimento relative all'anno 1934, che riguardavano le Motoscuole, veniva disposto: “i corsi devono susseguirsi ininterrottamente: le giornate di cattivo tempo siano dedicate alla parte teorica di preparazione alle prove di guida da svolgersi all'aperto”.
* * *
(3)
Aldo Farinelli (1898-1978) fu avvocato e giornalista, esperto di motori. Negli
anni quaranta realizzò e brevettò il “Cucciolo”, il primo motore in Italia per la
motorizzazione delle biciclette, diffuso dal primo dopoguerra.
(4)
Cfr. “Primavera motociclistica” di Aldo Farinelli, La Stampa, 11 marzo
1932, p. 4.
(5)
Aldo Farinelli nell'articolo “Il rovescio della medaglia” comparso su La
Stampa del 30 agosto 1935, nel tracciare il bilancio della stagione motocicli
stica, non mancava tuttavia di sottolineare che “le provvidenze legislative si son
dimostrate illusorie o snaturate in sede di applicazione, i promessi vantaggi si
son dileguati, l'opinione pubblica si è irrigidita. Si applaude al centauro vittorio
so, ma si depreca con l'epiteto di centauro da strapazzo il motociclista che va pei
fatti suoi”. Infatti nonostante la soppressione del collaudo e della licenza di circolazione
per le moto esistevano altre penalizzanti incombenze burocratiche:
“per fruire della nuova agevolazione tutte le macchine circolanti han dovuto...
farsi ricollaudare una seconda volta presso il Circolo Ferroviario, immatricolare
in Prefettura, reiscriversi al P.R.A.! Si son soppressi, in teoria, le formalità e i
documenti inutili: ma in pratica son rispuntati come e peggio di prima. In un
biennio, son passati tre tipi di targa di riconoscimento, con relative procedure
spese e seccature per la sostituzione. A completar l'opera, ecco ora il nuovo ricollaudo
dell'efficienza del silenziatore davanti al Circolo Ferroviario, che respinge
la gran maggioranza delle... candidate”.
(6)
Se negli anni trenta del Novecento la motocicletta aveva una diffusione limitata
rispetto all'automobile, nel secondo dopoguerra il rapporto tra i due mezzi di locomozione
si era completamente rovesciato. Ancora nel 1961, quando già si era
avviata la motorizzazione di massa, e nella provincia di Teramo circolavano 363
automobili ogni 1000 abitanti, la motocicletta era ancora più diffusa dell'automobile.
Solo nel 1964 il numero delle auto in circolazione superò quello dei motocicli.
(fonte: Lungo strade parallele. Automobili e società a Teramo dagli
anni Venti agli anni Sessanta, mostra fotografica allestita nel maggio 2015
dall'Università di Teramo e dalla Biblioteca Provinciale “Melchiorre Delfico”
nei locali della biblioteca).
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