Federico Adamoli
Paolo Emilio Tulelli. Lettere a Giannina Milli (1857-1883)


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     Mi gode l'animo che co' tuoi nuovi improvvisi hai vinto cotesti iperdifficilissimi Toscani forse un pochino increduli in fatto d'improvvisatori per lo più falsi [...]. E mi rallegro di cuore in sentire che tu costà fai gli onori di questo tuo paese mal conosciuto ed incompreso al di là del Garigliano e del Tronto. Sii tu benedetta tu che peregrinando vai stringendo legati di affetto e di stima tra le divise provincie del bel paese.
     Per mancanza di occasione non t'ho mandato la Poesia del Cappelli e il giudizio che ne ho scritto e pubblicato. La poesia a mio senno è bellissima e fa molto onore alle Lettere napolitane e italiane insieme. Costà potresti leggerla come potresti anche leggere il mio articolo inserito nel periodico del nostro Bruto Fabricatore diffuso in Toscana e vorrei proprio saperne il tuo giudizio.
     Se avessi opportunità vorrei mandarti delle copie del mio lavoro sovra Rossi oramai stampato perché la facessi tenere a cotesti signori letterati e filosofi non tanto per diffondere il mio lavoro il quale forse è poca cosa ma perché si conoscesse un nostro grande ed ignoto scrittore.
     La Gigina sta benissimo: dentro a queste feste l'ho avuta meco due volte. Finuccio sta pure bene. Benché non avessi esatto ancora le tue pensioni pure ho fatto qualche spesuccia di prima necessità per lei ridotta proprio al nudo. Come ancora ho pagato la mesata di Dicembre alla Direttrice e i carlini quindici a Finuccio giusta gli ordini tuoi. Ne terrò conto quando avrò finito di fornirla del necessario. Prevengoti ancora che dalla erogazione delle pensioni ne passerò ducati sei a D. Quintino a cui si devono da più mesi per parte di Finuccio e proprio a' suoi nipoti Sig.ri Rozzi: mi si richiedono ed io credo doverli dare. Non è così?