L'altro giorno la Gigina ha avuto una febbretta parte catarrale
parte per la commozione de' prossimi esami pubblici della sua classe
per i quali s'è affaticata molto. Ma del resto sta bene
né crediate a quanto vi s'è scritto intorno alla salute di lei dall'infernale carità dell'anonimo. Credete a me
e tranquillatevi.
Veniamo ora a me. E' una vera iettatura il fatto mio
per lo almeno secondo l'uomo
giusta la espressione dell'apostolo Paolo. E come no? In sulla vigilia della partenza mi viene la podagra
e questa oltre l'usato mi mantiene tuttora inchiodato in casa! Mai s'è mostrata così ostinata a tenermi lungamente fra le sue carezze ed i cari abbracciamenti. E' già un mese che mi delizia
né posso ancora calzare le scarpe fossero pure flosce e slargate; stante che ancora è rigonfio l'alluge e dolente il torso del piede. E siamo già allo scorcio di settembre; come dunque pensare più a viaggiare? Ancor che verso la fine del mese io fossi libero perfettamente del piede
come partire stanco e logoro di salute
e poi per pochi giorni e forse piovosi e freddi godere della Toscana? Pare adunque che per ora dovessi smettere il pensiero di muovermi da quì
e rimettere la venuta costà a quando Firenze sarà la seconda capitale provvisoria d'Italia.
Vedete bene o mia buona Giannina
quanto io sono felice nell'appagamento de' miei onesti desideri! Ma con chi vorremmo pigliarcela? Non è buono far di necessità virtù? Ah! quanto bisogno io avea di vedervi
di parlarvi e di rinfocolarmi nel vostro spirito e nel vostro cuore. Basta
suppliscavi la nostra corrispondenza per lettera
la quale pregovi che sia più frequente ed espansiva. A questo proposito vi prego di mandarmi qualche ultima vostra fotografia. Ne vidi una piccina piccina
bellissima
rassomigliantissima nelle mani di vostro padre
e che io mi avrei preso se non avessi avuto la certezza di venire a prendermela dalle mani stesse dell'originale. Consolatemi almeno della presenza della tua nuova e più fresca immagine.
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