Federico Adamoli
Paolo Emilio Tulelli. Lettere a Giannina Milli (1857-1883)


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     Se lo desideri potrei mandarti un mio ultimo lavoro già pubblicato sopra la metafisica dell'Etica il quale benché non facesse al caso tuo pure ti porrebbe innanzi certe idee e certi problemi etici che la tua mente acuta e solerte saprebbe meglio di me comprendere e risolvere.
     Ed avvicinandosi il Natale e il Capodanno anticipatamente ti mando i miei auguri e le mie felicitazioni insieme alla mamma ed al Babbo e a tutta la sacra famiglia de' tuoi. Questa D. Raffaella fa lo stesso e ti ricorda il crocefisso promesso.
     Saluto Pouchain e l'Arabia il quale non ha risposto alle mie lettere per modo ch'io non so se le abbia ricevute con dentro le due polizzette dell'accademia mandatagli per suo ordine.
     Addio mia buona Giannina saluto la mamma e con una stretta di mano mi ripeto
     Napoli 14 dicembre 72
     aff.mo amico
     Paolo Emilio Tulelli


     LXXVI

     Mia carissima Giannina
     Fin dal 1851 sono oramai ventidue anni sono stato uso di augurarti felicissimo il tuo onomastico del bel Sangiovanni: potrei mancare oggi di adempiere tale mio dolcissimo dovere? Non mai. Eccomi dunque mia carissima Giannina ad augurarti mille felicitazioni con quello che il tuo cuore (permettimi questa frase di uso napolitano) desidera.
     Sono mesi da che non mi scrivi sicché hai contratto la mia malattia della pigrizia giacché credo che non sia altra causa come altra causa non è in me che produce tale fenomeno. Siamo dunque in questo alla pari: petimusque damusque vicissim (79). Tuttavia non mi piace affatto che tu segui il mio esempio; vorrei adunque avere più spesso tue notizie e leggere i tuoi caratteri frequentemente come prima. Già da che sei in Roma una certa maestà romana avvolge la tua persona e ti sei trincerata quasi nel silenzio circa le cose tue da farmi paura. O è il professorato che ha cambiato il tuo carattere poetico e spontaneo e quindi espansivo? Vorrei che mi decifrassi cotesto enigma s'è possibile. Posso attendermi questa grazia?

(79) Frase di Orazio: Scimus et hanc veniam petimusque damusque vicissim (Ars Poetica 9-I I) che si traduce con: Lo so è privilegio che rivendico e concedo.