XCVI
Mia carissima Giannina
Nell'atto di prendere la penna per inscrivervi mi giunge dalla posta la vostra carissima lettera di ieri
e mi ha veramente confortato l'animo per i sensi di antica e sincera amicizia che vi manifestate a mio riguardo. Sì
né il tempo
né la lontananza di luogo
né l'intermittenza lunga della corrispondenza di lettere possono menomare la tempera della vera amicizia quale è la nostra. Non per iscusare
ma per spiegare il mio lungo silenzio e il non esser venuto secondo mia promessa a farvi visita a Caserta nelle scorse ferie
sappiate che da mezzo agosto a tutto settembre e da mezzo ottobre fino ai 12 novembre mamma gotta mi ha felicitato
con più fastidio e pena del solito; e posso dire
che solo da pochi giorni mi sono rimesso (santa perseveranza!) perfettamente. Tutte le malattie sono penose
ma la gotta è un malanno
che
oltre alle gravi sofferenze
rendono inutilizzato quasi interamente chi n'è colpito. Ma è vano nella fata dar di cozzo.
Avrei dovuto anche io recarmi a Roma nell'ottobre chiamatovi dal Ministro a far parte delle Commissioni universitarie; per la addotta mia infermità non potei muovermi. Sarei stato felice se avessi potuto incontrarmi con voi a Roma
e senza dubbio vi avrei accompagnato fino a Firenze. La qual notizia accresce il peso delle mie sofferenze sofferte
che mi han tolto la felice occasione del viaggio a Roma e Firenze in vostra compagnia. Ma che hassi a fare? pazienza; chè la pazienza e la rassegnazione non sono soltanto la virtù degli asini...
|