|
L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
benefattore, Torre de' Passeri (5-10-1898). [Inizio Voce]visione della morte le delizie di un migliore avvenire. La vita di lui si svolse quasi unicamente nel raccoglimento del santuario domestico, dove ebbe per culto la virtù e Dio, dove lo spirito aleggiante della sua adorata consorte lo animava a seguirne le tradizioni di fede, di carità, di amore. Nato tra gli agi di avite dovizie, egli ebbe a sdegno le ricchezze, che non crebbe, perché servì più ad altri che a sé. E fu appunto un alto sentimento di filantropia che, dava un rilievo straordinariamente puro alla sua personalità. I poveri, gl'infermi, i diseredati dalla fortuna, di qui e di fuori facevano tutti a lui ricorso, ed a tutti egli stendeva la sua benefica mano. Delle intere famiglie trovavano in lui il loro sostentamento, e perfino da lontani paesi, da persone che passando avevano avuto prova della di lui generosità, si faceva appello, e non mai invano al suo nobile cuore. E quante prove della sua pietà nella sventura, quante lagrime asciugate, quanti soccorsi largiti, noi non conosciamo, poiché tutte le buone opere egli faceva con abnegazione e senza vanto, ascondendole dietro il velo candidissimo di una esemplare modestia! Amava spesso la solitudine dei campi, ai quali dedicava tutte le sue cure, non lasciando intentato nessun lavoro di agricoltura, premuroso più di procurar la mercede agli operai che di aumentare i prodotti. Intelletto non chiuso, ma largo ed aperto a tutte le idee, nutrito di buone cognizioni giuridiche, proteggeva sempre i deboli contro i più forti, sacrificando fatiche e denaro. Di spirito elevato, di carattere specchiato, non sapeva concepire bassezze, non conosceva odio né ire di parte, fu amico di tutti e sempre perfetto gentiluomo. Dalla vita pubblica volle tenersi lontano, e quando qualche volta vi fu trascinato dalla universale estimazione,
|