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L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
operaio, Castelli (28-9-1905) Castelli 26 settembre 1905 — (N.) Nella pallida alba di ieri si spegneva in Castelli la cara esistenza di Arturo Pardi: e non fu che simile ad un'alba la sua troppo breve vita, una di quelle albe luminose e rosee che aspettano i primi raggi del sole per sfolgorare nella pienezza del giorno, in tutto il trionfo della luce e dei colori, e che poi le nubi avvolgono nel loro grigio ammanto. Giovine intelligente e buono, operaio onesto e laborioso, accoglieva nel suo cuore gentile le più elette virtù di sua gente. Anch'egli, come tanti altri suoi conterranei, era partito per la lontana America in cerca di un pane che la patria non offre; anch'egli era stato attratto dai sogni d'oro d'un avvenire felice, ed era partito, come gli altri, fidente nelle proprie forze, pronto a soffrire e sfidare l'ignoto che poteva assorbire le sue forze, dischiudere la sua tomba. E là, in terra straniera, lontana dai suoi, spirito di sacrificio, anima cosciente del dovere che s'era imposto ha lavorato, ha sofferto, ha lottato più ancora di quanto gli consentiva sua fibra delicata, stanco, alfine, della dura lotta, affranto e sofferente per un morbo che lentamente lo consumava, tornò al suo tetto natio, tornò per riposare un poco tra le braccia degli adorati genitori che l'aspettavano ansiosi. Troppo tardi!.... il male trascurato si acuiva, e quella vita giovane e bella cadeva infranta, con le prime foglie, in quest'autunno triste. = Anche il dovere vuole i suoi eroi, brama le sue vittime: e tu povero Arturo, eroica vittima del dover tuo, restavi vinto nella dura lotta che il Fato ti apparecchiava, e con te morivano anche i tuoi sogni ridenti, gl'ideali della tua bella giovinezza per sempre svanivano. Ma più che le mie povere parole, il migliore elogio
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