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L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
segretario di prefettura (16-12-1909) [Inizio Voce]— Diamo qui posto alle belle parole che il chiaro prof. Marchetti, caldo amico dell'estinto, avrebbe voluto ieri pronunziare sul feretro. Ma l'animo non gli resse, ché non si domina il dolore quand'esso veramente è profondo. — «Dopo il pianto è doveroso tributare a Pasquale Marozzi un mesto affettuoso ricordo. Egli mite e modesto di sua natura si tenne sempre lontano dal mondo, quasi che si sentisse uomo da poco, ma fu invece di bello ingegno e del bello e del buono amantissimo. Forbito nello scrivere, colto nei diversi rami del diritto e in particolare in quello amministrativo, sentenziava con chiarezza, senno e rettitudine nei responsi del suo ufficio. E si vedeva giulivo e festante nei famigliari convegni, dove sempre portava la nota allegra; geniale, mentre male lo avrebbe giudicato chi si fosse strettamente attenuto alla apparenza, che lo indicava taciturno e cupo. Fu galantuomo, degno figlio di Nicola Marozzi che del suo galantomismo ha lasciato nome imperituro. Seppe elevare a culto l'amicizia, non curante di farsi nuovi amici, premuroso di mantenersi i vecchi e di serbare a loro costante affetto. E' morto, povero Pasquale; un fiero, violento male ce lo tolse nel vigore della sua salute e dei suoi anni, un fato inesorabile ce lo tolse! Non cure affettuose, non amorevole assistenza dei congiunti sono valse a mantenerlo in vita, egli è morto e a noi di lui non resta che il caro ricordo, ricordo mesto che, chi lo ebbe in dimestichezza terrà per sempre scolpito nel cuore. Ti sia lieve la terra o Pasquale Marozzi.
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