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L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
avvocato, tenente, Zona di guerra (22-8-1915) [Inizio Voce]ma, espostissimo com'era, cadde, e, ai soldati che si chinavano su lui per soccorrerlo, ordinò, con quella calma determinazione che conoscevamo e che non consentiva obiezioni: proseguite! non è nulla! non vi curate di me! Avanti! Trasportato all'ambulanza spirò per istrada, senza un grido di dolore, quasi senza un lamento!» Un altro soldato, più tardi, altrove, dice: «Albeggiava appena; dalla prima trincea scorgemmo delle ombre che avanzavano: il tenente Cervini, sempre vigile, si levò gridando il chi va là, indi ordinando il fuoco. Una palla nemica lo uccise!» Un terzo modifica ancora: «Eravamo in trincea, fermi, e le palle nemiche fioccavano. Gli austriaci restano ermeticamente chiusi entro trincee colossali, fornite di ogni comodità, in cemento armato, preparate da gran tempo come bastioni di frontiera, e attraverso le feritoie sottili, puntano con calma, appena uno si mostra appena, aiutandosi con specchi speciali per scorgere cosa avviene entro le nostre trincee. Avanti alle loro esistono reticolati fortissimi, bocche di lupo, zone minate. Noi dobbiamo andare a infilzarli là dentro con le punte delle baionette, procedendo allo scoperto, per poi ricominciare con le trincee più in alto. Occorrono perciò prudenza estrema nella trincea, coraggio nell'attacco. Il povero tenente Cervini era invece disdegnoso di ogni cautela. Allorché sì recò lassù scherzava, con i soldati che gli raccomandavano le cautele. Diceva: Non è l'ora di celarsi; non è venuto ancora l'istante di cadere, Coraggio! Coraggio! Avanti! Egli dava sempre coraggio ed aiuto agli altri. Perciò i soldati lo amavano. Forte, sano, resistente, sereno incuteva fiducia e forza a tutti. Venne la terribile notte ed egli che non si gettava mai disteso nella trincea, ma solo a volte per un pò di riposo sedeva
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