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L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
pittore, Teramo (19-5-1917) [Inizio Voce]affermarsi in uno di questi, ma il suo vivido ingegno scorse molti campi, ritrasse scene di battaglie, vecchi castelli, ruderi di monumenti, pastori selvaggi, armenti arruffati e truci ladroni. Fu felice nei ritratti e tentò anche il genere sacro. Costretto da sventure familiari e fors'anche spinto dall'inquieta fantasia che mai si appagava, mai compiva, si ritirò tuttor giovane in patria ove l'animo si chetò e attese a lavori di scuola. Nello scorcio della vita, la sua molteplice attitudine artistica si sbizzarrì nel suo ben noto castello medioevale, che arricchì non solo di vaghe e capricciose pitture e di varie sculture, ma ornò nella più fiorita architettura, testimoni della vivacità e della libertà della sua tavolozza. L'opera sua più notevole noi la vediamo in patria nel grande affresco dei figli di Bruto, che troneggia nella sala massima del Palazzo dei Tribunali, e che, a parer mio, mostra come il genere storico era quello che a lui, sì colto nella mente e tanto abile nella mano, più si addiceva. È questo il profilo, che in brevi tratti io ho delineato del nostro compianto collega, innanzi a voi, che sì bene lo conoscevate e per cui non accade spendere maggiori parole: tratti che bastano a far rivivere un momento fra noi la sua immagine maestosa ed insieme mite ed arguta, la quale purtroppo si è dipartita dal nostro fianco.
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