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L'Ultima Dimoraa cura di Federico Adamoli |
(8-5-1923) [Inizio Voce]anime, sapeva, con impareggiabile gentilezza, correre là dove il suo soccorso inatteso riportava tranquillità e pace. Questa bontà, appunto oggi accoglie intorno alla sua bara uno stuolo innumerevole di persone in lagrime. Sono le virtù domestiche che al desolato sposo fanno versare cocenti lagrime di dolore per la perdita di quella cara esistenza che era riuscita a conquistare il suo cuore e fargli gustare la dolcezza di un'intima comunione d'affetti e d'ideali. Era la sua spiritualità vigorosa e bella, che traluceva da quella pupilla buona e serena e la pratica d'una delicata pietà che la rendeva cara al buono zio Don Camillo. Egli che trent'anni or sono aveva visto volare al cielo la diletta sorella Rosa, ora si sentiva sicuramente felice che nella sua casa un'altra rosa s'era trapiantata, dai petali smaglianti, dal balsamico profumo d'elette virtù cristiane. Non è forse il culto giammai affievolito per l'ottima genitrice quello che oggi a lei fa più amaramente assaporare tutto lo schianto della sua dipartita? Oh! angelo buono che troppo breve tempo sei rimasta fra noi, dall'alto veglia sul tuo tenero angioletto, che dopo averlo baciato e ribaciato durante il crudele morbo, hai lasciato ai tuoi cari, a noi tutti, e di lassù prega il Signore che come nelle sembianze nell'animo ancora ti rassomigli. Ed ora se mi permetti, o umile Donna Annina, far pubblico uno di quei sentimenti che, come le mammole, prediligono l'ombra e il silenzio, io aggiungerò che non sul marmo ma sui cuori sempre porteremo scritto, a perenne ricordo di luminose virtù, il tuo nome. Per l'anima tua che Gesù cercava istantemente nella dura malattia e nella serena agonia e pianamente al suo volere divino s'abbandonava abbiamo già pregato e preghiamo ancora pace; e nel dolore se un pensiero ci consola
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