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      Esaminato affermò che Maurizio veniva in una casa la quale egli avea data in fitto ad un Astolfo Vitale parente di lui, e quanto al Campanella egli non lo conosceva: fu sottoposto ad oltre un'ora di corda e non confessò nulla; infine ebbe il decreto per le difese. Il fisco pretese che dovea dirsi colpevole di conversazione con Maurizio e col Campanella e di ricetto di Maurizio, sciente la ribellione e preparato a prendervi parte dietro la testimonianza del Vitale, convinto sciente e non rivelante dietro le testimonianze del Vitale e di Maurizio; e questa volta il Leonardis, avendo una buona causa per le mani, fu piuttosto audace nel farne la difesa. Dopo di aver ricordato che la conversazione e il ricetto si effettuarono in agosto e che il Bando proibitivo fu emanato il 17 e 18 settembre, il Leonardis fece anche notare che quel Bando, emanato da un Giudice laico, non poteva colpire il Pittella clerico; che la deposizione del Vitale, testimone unico e socio nel delitto, non provava nulla e non avrebbe dovuto neanche bastare a far dare la tortura, tanto più che era stata fatta innanzi ad un Giudice laico, tanto più che era controbilanciata da un'altra testimonianza in contrario fatta da Maurizio capo di quella fazione; che per altro il Pittella con la tortura sofferta si era scolpato di tutto; che il Vitale e Maurizio, socii nel delitto ed infami, non potevano convincere nemmeno nel delitto di lesa Maestà, tanto più che erano stati esaminati in un foro laico ed incompetente, non ripetuti nel foro ecclesiastico, nè poi il Pittella, clerico, era obbligato a rivelare la ribellione contro il Principe di cui non era suddito.


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Fra Tommaso Campanella: la sua congiura i suoi processi e la sua pazzia
Volume Secondo
di Luigi Amabile
pagine 741

   





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