Si sa d'altro lato che presso gli
Acattolici l'avere spiattellato tutti gli argomenti degl'increduli, come pure l'averla tirata troppo contro il Machiavelli, diè motivo di far dubitare della sincerità dell'autore. Ma basta aver chiarita l'occasione nella quale l'opera fu scritta, meritando senza dubbio tale occasione di essere molto bene considerata.
Diremo ora in breve delle altre opere appartenenti a questo stesso periodo, scritte fra le interruzioni delle precedenti, secondochè le circostanze le facevano apparire all'autore più o meno atte a procurargli la libertà. Dopo l'agosto 1605 egli ebbe verosimilmente ad occuparsi de' due trattati, de' quali si trova fatta menzione negli elenchi delle opere mandati a' Cardinali Farnese e S. Giorgio, col titolo Cur sapientes et prophetae Nationum omnium in magnis temporum articulis fere omnes rebellionis et heresis tamquam proprio simul crimine notentur ac morti violentae subjaceant, et postmodum cultu et religione reviviscant": l'esito del suo colloquio col Nunzio e col Vescovo di Caserta spiega ad un tempo l'interruzione dell'Ateismo e la convenienza de' detti trattati; pertanto è notevole che essi non si trovino registrati nell'elenco mandato in sèguito al Re. Forse l'autore stimò più conveniente metterli da parte dirigendosi all'Autorità civile, mentre vi si parlava della "morte violenta de' filosofi" come di un affare ordinario e consueto; forse anche egli li fece presentare appunto al Nunzio e al Vescovo di Caserta non appena li compose, e così potrebbe pure spiegarsi che siano andati perduti; infatti non li troviamo nemmeno nell'elenco delle opere mandate allo Scioppio.
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