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      Poi, son diventato maestro nell'arte di battere il ferro, di intarsiare il legno, di lisciare il marmo, di fondere i metalli vili e preziosi. Nessuna creatura mortale riuscirebbe, nel giro di dodici mesi, a impossessarsi della centesima parte delle nozioni da me acquistate.
      E mostrò, per prova, un fascio di certificati e le mani callose.
      Il vecchio crollò la testa e domandò al secondo figliuolo:
      - E tu, che cosa hai imparato?
      - Padre, ho imparato tutto quello che un uomo deve conoscere per ben regolare la propria esistenza. Ho visitato le biblioteche, sfogliando migliaia e migliaia di volumi, scandagliati i miei simili nelle loro passioni ed azioni, esaminati i monti più alti, i più profondi vulcani, i paesaggi più ridenti, le più ampie distese d'acqua. Poi, per mezzo di cristalli acconciamente lavorati, mi son famigliarizzato con gli esseri ad occhio nudo invisibili e con le infinite stelle, che popolano l'universo. Ed ecco il frutto delle mie pazienti ricerche.
      Raddrizzò un poco il dorso incurvato e porse un grosso volume.
      Il vecchio corrugò le sopracciglia, poi chiese al terzo figliuolo:
      - E tu, che cosa hai imparato?
      Il giovane gonfiò l'ampio torace, illuminò di un sorriso il florido volto, e rispose:
      - Padre, ho imparato a vivere.
      L'usuraio si morse le labbra per il dispetto. Non c'era verso: lo smeraldo apparteneva al terzo figliuolo. Ma come staccarsi da una pietra tanto bella e lucente e dotata, per sovrammercato, di così preziose virtù cabalistiche?
     
     
     *


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Commenti al libro delle fate
di Pierangelo Baratono
Fratelli Treves Milano
1920 pagine 119