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      I meno astiosi lo chiamano "scellerato di talento", "scandaloso mostro del mondo letterario", "maiale di genio". E l'ineffabile Rufus W. Griswold compie una "immortale infamia", scrivendo una denigratrice biografia di Poe, che precederà la raccolta postuma delle sue opere.
      Giusta vendetta delle creature mediocri. Non era, egli, un uomo di genio? E non aveva, quindi, la doppia esistenza, la doppia personalità, così incomprensibili e intollerabili per l'individuo normale, che ama solo le situazioni chiare e le anime semplici? Troppo complessa appariva, invece, l'anima di Edgar Poe. Tanto complessa, ch'egli non fu mai compreso neppure dagli amici più intimi: e a molti estranei sembrò una persona inquietante, cinica, quasi demoniaca; e a molti altri parve un uomo tranquillo, generoso, benevolo e cortese fino all'eccesso; e da qualcuno fu definito, sin anche: "modello di virtù famigliari e sociali."
      Aveva, sì, una doppia personalità. Nonostante l'orgoglio imperioso (ch'era piena coscienza di un valore misconosciuto), nonostante i luminosi sogni di gloria, si abbandonava alle seduzioni della notorietà effimera, perseguiva con accanimento il successo volgare. Pur sapendosi così superiore agli altri da non poter ammettere l'esistenza, nell'Universo, di qualcuno ancor più grande, ricercava la compagnia degli uomini più comuni e ad essi ed agli amici della taverna rivolgeva, con entusiasmata foga, discorsi degni di un uditorio di poeti. E sempre, con chiunque conversasse, si prendeva terribilmente sul serio.


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Edgar Poe
di Pierangelo Baratono
Formiggini Editore
1924 pagine 58

   





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