Mi riscossi e mi posi a correre, col cuore che mi batteva forte.
Proprio innanzi alla mia casa, un uomo in camiciotto, sbucato non so da dove, mi urtò violentemente, dileguandosi subito nell'ombra dei muri.
Un senso di terrore mi spinse a correre su, all'impazzata, per le scale strette e buie. L'uscio della mia piccola dimora era spalancato. Proprio di contro, pure aperta, c'era la finestra, dalla quale entrava la luce della luna. Sulle prime non distinsi nulla. Poi, ad un tratto, vidi abbattuto sovra una seggiola, il corpo di una donna, di mia moglie. Era completamente nudo e aveva le braccia penzoloni e il viso nascosto dallo spiovere innanzi dei lunghi capelli sciolti. Cacciai un urlo bestiale e mi gettai ginocchioni ai piedi di quella creatura. Allora soltanto mi accorsi che il suo corpo era intriso di sangue. Le separai i capelli sul viso; aveva gli occhi vitrei, dilatati, la bocca contorta in una orribile smorfia di agonia. Da una ferita, che le tagliava profondamente la gola, usciva ancora il sangue a getti prolungati.
Il vecchio Storno tacque e s'abbandonò col testone sovra una spalla dell'amico. Una nebbia copriva, ora, gli occhi dei due e faceva scintillare innanzi alle pupille una miriade di puntini rossi, infuocati. Un gruppo di signori passò loro innanzi, schiamazzando. Di mezzo a esso scoppiò una risata stridula e rumorosa, una specie di abbaiamento mostruoso ed acuto che coprì il tumulto della conversazione, si diffuse per l'aria, poi dileguò col crocchio su per via San Giuseppe.
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Storno San Giuseppe
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