Sono giovane e robusto; ma possiedo un temperamento eccitabile e sensibilissimo, che mi ha turbato, sovente, anche negli istanti della mia maggiore felicità. Inoltre, vengo a volte sorpreso da terribili paure, ch'io attribuisco alla qualità dei miei nervi più che a deficienza di ragionamento. Sette anni or sono, allora ne avevo venti, sposai una mia cugina, una fanciulla delicata e tenue come uno stelo di giglio. Ci amavamo molto, forse troppo, e ci soffocavamo a vicenda di carezze e di baci. Al primo parto essa morì, lasciandomi sprofondato nel più tormentoso dolore. Tuttavia, avevo un bimbo nostro da adorare, nel quale si era come raccolta l'anima della cara defunta. Possedevo qualche sostanza, inoltre guadagnavo con le mie pubblicazioni; perciò, libero di me, decisi di venire ad abitare con la mia creaturina nei dintorni di questa città, ove possiedo un villino. Sapevo di trovare, in tal modo, la pace della campagna, non disgiunta dalle necessarie comodità, che può fornire anche una città di provincia. Voi tutti conoscerete, probabilmente, la mia casetta, spersa sovra il fianco di una collina e alla quale conducono un breve tratto di strada provinciale e un viottolo vicinale, segnato fra i campi e i muri di cinta.
Sia per l'incubo doloroso, che mi aveva lasciato la perdita della mia sposa, sia per un certo bisogno di eccitazione fittizia, che mi assaliva nelle prime ore della notte e cioè verso il momento in cui cominciavo a scrivere i miei lavori, io mi ero abituato a bere qualche bicchierino di cognac prima di tornarmene a casa, la sera.
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