- Cara mia, la penna vale niente: colla matita mi sforzerò di mostrarti qualcosa al mio ritorno.
Per oggi non posso dirti nient'altro, perchè non istetti insieme ai bagnanti, nè mi ghiacciai coll'acqua salutare. Ma domani comincerò a far annotazioni.
Da una finestra vedo dei parasoli chiari spargersi sul terrazzo, e sott'essi degli abiti di foulard crudo; qualche fanciullo cattivello correre all'impazzata; e quattro uomini sedersi coi giornali in mano. Dall'altra vedo niente; solo ascolto le gentilissime voci di una conversazione francese nella quale a vece di punti e virgole ci sono delle risa: e giù il fragore delle acque cadenti e il sonare dei campanacci delle mandre su per i pendii.
Ti dirò solo come io so che nello stabilimento c'è ogni sorta di cure, sala di lettura, sala da ballo, sala da bigliardo, posta, ufficio telegrafico, coiffeur ecc. Spero di trovarmi bene: un vantaggio grande che si ha dal bevere a questi zampilli montani si è quello del'obblio: sì, io ho dimenticato che ieri a Milano soffocavo!... Ma sopraggiunge la sera colle nebbioline nelle valli e col suono delle avemmarie: ti vorrei avere vicina, e vorrei che Lucy colle sue manine ci aprisse il volumetto dell'Aleardi. Che begli istanti sarebbero! Che amorosissima pace!
Scusami se chiudo l'Aleardi, ma gli è perché passeggiando sul terrazzo mi viene incontro una signora. Porta essa una casacca assettata con baschine ripiegate, in casimiro, riccamente guarnita di ricamo, imperlata di lustrino. Tu la conosci: è la contessa V. di Napoli: ed io pure la conobbi ai bagni dell'Ardenza.
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