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È Natale!... Mia carissima, ecco che il grand'omino, cogli occhi ingarbugliati dal sonno, sarebbe sdrucciolato dal lettuccio, le calze grinzose, le gambe pienotte, la camiciuola discinta su una spalla grassoccia, una scarpetta scalcagnata nelle mani.... Una scarpetta pei doni del bambino!... Ed ecco che s'avvia coll'ondeggiare di un proposto in piviale, scantona un tavolo, barcolla contro una seggiola, si rifà, cammina, cammina, e si perde nel vano di una porta: e là si ascolta un sospirone dal naso tappato per il raffreddore e dall'anima rigonfia di promesse.... Quanto oro avresti dato per quel tomaio sì rifrusto che doveva chiudere per lui tutti i doni della terra? Dentro una dozzina di confetti, e torno torno una carrozzuccia di latta che odora di vernice e un ginnastico tirolese dinoccolato nelle sue membra di abete bianco e un agnello lanoso col suo mantice che soffia il lamento arcadico e felice!
È Natale! è Natale!... O Madonna, o mia Madonna bionda e della terra, non mi svegliare dal casto sogno, per amore della tua mamma! O bambino roseo, bambino della mia Madonna bionda e della terra, bambino del mio presepio, bambino della casetta del povero poeta, vieni e dammi questo bacio lungo, questo bacio santo, questo bacio di Natale!
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Giù, giù, sui campi mestissimi della nostra pianura lombarda si fa crassa di un nebbione rossigno la mattina del Natale.
Dormono i campi: si sgranchisce il paesello. Ecco qua un grigio pesante e un silenzio di morte: là un lume piccino e uno strido di ceppo scheggiato.
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