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      E il mio cuore fu per rompersi, quando lessi come il nobile cavaliere stordito e pesto e ammaccato giacea su 'l terreno, e senza alzar la visiera, come se avesse parlato dalla tomba, mandava su verso il vincitore una voce debole e fioca: - Dulcinea è la piú bella donna del mondo, e io sono il piú infelice cavaliere della terra; ma non conviene che la mia debolezza paia rinnegare quella verità. Trapassatemi colla lancia, cavaliere. -
      Ah, il luccicante cavaliere dalla luna d'argento, che vinceva il piú animoso e nobile uomo del mondo, era un barbiere mascherato.
      Sono oramai otto anni che scrissi per il quarto volume delle Figure di viaggio (Reisebilder) coteste linee, nelle quali descrivevo l'effetto prodottomi molto tempo a dietro dalla lettura del Don Chisciotte. Dio buono! come fuggono rapidi gli anni! Mi par come ieri che io leggeva il libro del Cervantes nel viale dei sospiri del giardino di corte a Düsseldorf e che il cuore mi balzava di ammirazione per i fatti e patimenti del gran cavaliere. Il mio cuore è stato egli fermo tutto questo tempo, o per un ricorso circolare è egli tornato ai sentimenti della fanciullezza? Quest'ultimo è forse il caso, perché mi ricordo di aver letto a ciascun lustro della vita il Don Chisciotte con impressioni a volta a volta diverse. Quand'io sbocciavo in tutto il fiore della giovinezza e mettevo le mani inesperte in tutti i rosai della vita e mi arrampicavo alle piú alte cime per essere piú da presso al sole e la notte non sognavo altro che aquile e vergini, allora il Don Chisciotte era per me un libro tutt'altro che di ricreazione, e, ogni volta che mi capitava tra le mani o tra' piedi, lo buttavo in là con atto di sdegno.


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Conversazioni critiche
di Giosuè Carducci
Sommaruga Roma
1884 pagine 237

   





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