A un tratto, ella si leva, e, s'avvolgendo in un scialle bianco, scompar nel fondo del palco.
Alberto ha un sùbito moto.
Scappi? chiese Fiorelli nel trattenerlo.
L'amico nostro arrossì, impallidì, e stette.
Un giramento di capo... balbettò egli.
Forse i lumi... osservò Enrico.
Era invece un colpo di sole!
E uscìrono insieme.
Tuttavìa, in istrada, Alberto rinvenne. Non volle nè punch, nè àque calde, ma volle andàrsene a casa. Fiorelli l'accompagnò. E il fresco risvegliava in Fiorelli la brillantina del chiacchierare. Era sul dare consigli. Disse ad Alberto, che, a non guastarsi e il corpo e il cervello, abbisognava, ad ogni mano di studio, una alternarne di vita giojosa, o maritare almeno l'aria morta dei libri a quella, viva, della campagna:
Non par vero disse che un giòvane come te, fuori di tutte le busche; che non ha a rèndere i conti a nessuno, abbia da stare, quanto il giorno è mai lungo e qualche volta la notte, a sbriciolarsi sui libri, cercando la quarta al trifoglio od ingollando pìllole d'aloè!... Uh!... Che mangi di colazione?
Perchè?
Perchè gli è quel pasto che ti dà il tono del dì. Che mangi?
Un uovo... ma questo è a bere piuttosto.
E d'altro?
Una tazza di tè.
- E d'altro?
Un chìfel.
E d'altro?
Niente.
Come! niente?
No.
Ecco il marcio!... Tè... uovo a bere... chìfel! Va, se la duri, è segno che ti han costrutto di ferro!
Alberto sorrise pallidamente.
Sei male informato disse.
Ma e allora, come vuoi rafforzarti con quella tua àqua da occhi? Sai che ci va? Sleppe di manzo, o amico, costolette e bistecche.
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Fiorelli Enrico Alberto Fiorelli Alberto
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