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      - e finì per consigliarlo di recarsi a Venezia "campo degno di lui, dove poteva prendere il comando di qualche flottiglia tanto utile a quell'assediata Città". A Garibaldi "uccello di bosco e non di gabbia" non piacque quel suggerimento - deliberò invece di recarsi a Milano, dove giunse la sera del 15 luglio e dove l'aspettava miglior fortuna.
      Milano era pur sempre la città delle Cinque Giornate e quindi il concetto della guerra popolare rivoluzionaria era sorta dalle barricate.
     
     
     
      CAPITOLO VI.
     
      Garibaldi a Milano prende il comando dei Volontari.
     
      Il governo provvisorio s'affaccendava a reclutare quante più milizie poteva, ed accoglieva volontieri quanti venivano ad offrirgli il loro braccio; e però il giorno stesso del suo arrivo esso offerse a Garibaldi il comando di tutti i volontari raccolti fra Milano e Bergamo, i quali sommavano a circa tremila.
      Non era forza atta a salvare il paese, ma più di quanta in quel momento Garibaldi potesse desiderare. Si occupò quindi senz'altro dell'armamento dei suoi volontari; li ordinò in battaglioni, dando al più scelto il nome del suo amico Anzani morto, suo compagno di Montevideo, ponendolo sotto il comando di Medici che si era unito a lui a Torino.
      Nel pomeriggio del 25 luglio, obbedendo a un ordine del Governo Provvisorio, lasciò i quartieri di Milano e s'incamminò verso Bergamo.
      Prima di lasciare Milano Garibaldi indirizzava alla gioventù italiana il seguente:
     
      PROCLAMA
     
      Alla Gioventù!
     
      La guerra ingrossa, i pericoli aumentano. La patria ha bisogno di voi.


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Ricordi di un garibaldino dal 1847-48 al 1900
di Augusto Elia
Tipogr. del Genio Civile
1904 pagine 508

   





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