G. Garibaldi
Il 27 imbarcato nella Ra nave l'"Esploratore" veniva portato a Caprera dove doveva essere sorvegliato a vista da navi da guerra e dalle loro imbarcazioni.
Intanto che il governo sequestrava Garibaldi, i suoi amici discutevano sul modo di raggiungere lo scopo; se l'accordo nel fine era generale - la liberazione di Roma - vi era discordia sui mezzi di esecuzione: Crispi, Fabrizi, Cucchi, Cairoli, Guastalla, Miceli, La Porta, Oliva, Guerzoni, Adamoli, Damiani, tutta quasi la frazione politica-militare del partito garibaldino opinava che il segnale della riscossa dovesse partire da Roma; Menotti, Canzio, Acerbi e qualche altro, tenendosi pił ligi alle istruzioni del generale, volevano che le mosse dovessero essere parallele; il Cucchi, che pił di tutti la caldeggiava, dava per sicura l'iniziativa romana.
Mentre avvenivano queste trattative fra i capi del movimento; ad un tratto, all'improvviso per tutti, un circa duecento giovani capitanati dal trentino Luigi Fontana dei Mille, passavano il confine nel Viterbese, si buttavano sopra Acquapendente e dopo una zuffa accanita facevano prigionieri una quarantina di gendarmi pontifici e s'impossessavano del paese.
All'annunzio dell'inopinato assalto di Acquapendente Menotti ed Acerbi credettero non essere pił questione di discutere - essere impegnato il loro onore ad accorrere in soccorso degli arditi patrioti - e quindi Acerbi diede ordine alle sue genti di sconfinare.
Il 3 ottobre Menotti Garibaldi rotti gli indugi con pochi compagni e col capitano Tringalli varcava nascostamente il confine.
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