Per combinare la proprietą colla comunanza, bisogna volger le spalle alla loro contraddizione, e attenersi ai fatti giuridici quali appaiono. Consideriamo prima il diritto di proprietą: se la proprietą č un diritto, deve essere in pari tempo un interesse ed un'ispirazione. Possiamo noi dirla un interesse? Nessuno ne dubita: nč il povero, nč il ricco; ognuno la desidera, avventura la vita per acquistarla, avventura tutto per difenderla. La proprietą č in potenza in tutti gli atti della volontą; la vita č tratta da una forza invincibile verso i valori, vuol farli suoi,; ogni uomo tende ad appropriarsi gli oggetti che gli stanno intorno. L'io č essenzialmente solitario, esclusivo, egoista si perfeziona divenendo l'artefice del suo perfezionamento; entra nella societą a patto di scoprirvi il proprio meglio; ogni suo atto esprime una padronanza che lasciata a sč senza ostacoli, vorrebbe il dominio dell'universo; e si estende alle stesse cose in cui il dominio č impossibile: l'odio, l'amore, cercano di regnare sugli oggetti amati e odiati. L'ambizione, la vendetta, il perdono, tutti gli istinti non possono attuarsi, se non alla condizione di toccare alle persone e alle cose, come se noi fossimo signori, qualunque sia il grado della nostra signoria. Dunque la proprietą č un bene, č un interesse, uno degli istinti della vita, un vero valore. Questo bene puņ diventare un diritto? Lo diventa, perchč sentiamo in noi la proprietą, non solamente come un bene, ma come un diritto. Essa incute rispetto quanto la libertą; se viene assalita, l'indignazione giuridica la difende, come se fosse una parte del nostro essere.
| |
|