Non così fe' FRANCESCO. Egli corse al Palio della Gloria sul Sentier della Gratia, senza sdrucciolar mai nelle Pozanghere degli Appetiti, né infangar mai gli Affetti, che sono i piedi dell'Anima nelle lordure del Senso.
Fu Egli di tal Continenza, che (come si ha dal di lui Processo) non di Carne, ma di Spirito parea formato. E pur'era formato di Carne, e di Spirito; ma di Spirito niente Carnale, di Carne tutta Celeste. Di Carne tutta attaccata allo Spirito, di Spirito niente attaccato alla Carne.
Ma che dissi Carne in FRANCESCO, [377] se non mai volle assaggiarla in cibo, per separarla affatto dalle Ossa spolpate coll'Astinenza! Scheletro vivente più per miracolo, che per altro respirante, pareva una bella Larva di Penitenza, un chiaro Spettro di Candidezza.
Il di lui Corpo fu sempre un Giglio in mezzo alle Spine. Parea di neve; ma non istruggevasi sol, che a' raggi del Sol Eterno. Le sue Piaghe fresche, come le Rose di rugiadoso mattino, onde l'infioravano ogni notte i flagelli, spiravano con fragranza soave purezza interna. Era un Angelo di costumi, e l'offendeva il fieto de' Vitij.
Le Intelligenze incorporee con lui famigliarizzaro come consimbole, e gl'intrecciaro più volte ghirlande floride al crine, perché gli pullulavano sempre più vivaci i Ligustri dal cuore.
Estinse, Giovinetto Romito, nel Torrente semigelato i bollori del fomite gorgoglianti. Attuffò per gran tempo nel freddor di quell'Acque il suo Corpo, per accendere maggiormente con Antiperistasi gloriosa l'ardor dello Spirito.
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