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      Mi disse che trovava l'Italia molto migliorata dal momento che n'era partito; che avendo avuto luogo di trattare con persone accoste alle corti, aveva ravvisato in esse pure la citata influenza dei tempi; che gli pareva soprattutto essersi molto propagata la brama degli studi storici, e che gli godeva l'animo vedendo che gl'Italiani sentivano che le glorie loro stanno nei secoli di mezzo.
      Parlammo di Manzoni, e qui apparve singolarmente l'uomo grande. Io introdussi il discorso con la massima delicatezza, ma a bella posta, perchè voleva chiarirmi d'un dubbio nato in me alla prima lettura di quel libro di Manzoni, ove confuta gli ultimi due capitoli della Storia delle Repubbliche. Sismondi parlò di quell'opera dicendo che era ammirato dalla maniera urbana con la quale fu distesa; lodò la sincerità dell'autore, e ne compianse le ultime disgrazie, le quali, secondo lui, hanno influito non poco a confermarlo ne' suoi principii; aggiunse poi, sempre moderatamente, che gli pareva che si fosse partito da un punto molto diverso dal suo, poichè esso considerava le cose come sono attualmente, e Manzoni come dovrebbero essere. Non so dirti quanto fossi contento di vedere che io non m'ero ingannato. Credei bene di dirgli che gl'Italiani non avevano fatto gran plauso a quel libro, e che anzi, senza scemare in nulla la debita reverenza al Manzoni, era stato riguardato piuttosto come un errore, o almeno come un'opera suggerita da qualcuno che lo avvicina per secondi fini, i quali dall'altro canto non capiscono nell'animo integerrimo di quel sommo italiano.


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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze
1863 pagine 416

   





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