Però se vi lavoro è segno che pure un po' di speranza l'ho, se no non lavorerei. Ma voi sì che dovreste occuparvene d'un lavoro di questo genere: e lasciando stare i complimenti, sapete che libro utile fareste per la lingua, col vostro modo d'usare la lingua parlata e non quella de' libri come fanno pur troppo e non so perchè gli altri scrittori toscani; tantochè scrivono in Toscana come possiam scriver noi in Lombardia, senza nulla di proprio, di speciale, di vivo, che proprio uno non se ne sa dar pace: e non dico se Manzoni ci s'arrabbia. E, a proposito, io vado empiendo questo foglio, e neppur ancora v'ho ringraziato della dedica tanto cortese per Luisa e per me che ho veduta in fronte alle vostre poesie. Il bello è che appunto la lingua e lo stile di quella vostra lettera m'avea fatto pensare: ecco come dovrebbero scrivere i Toscani, che ci potressimo imparar tutti, e a poco a poco quei bei modi di dire sarebbero usati e intesi da Susa a Reggio. E qui mi manca la carta e v'abbraccio coll'affetto che conoscete.
Vostro Affezionatissimo
Massimo D'Azeglio.
159.
Alla Marchesa Luisa D'Azeglio.*
Colle, ... ottobre 1844.
Mia cara Amica.
Vi scrivo da Colle di Val d'Elsa, piccolo Castello che si chiama città per modo di dire, come Pescia. L'aria di questi luoghi è buona; la gente, su per giù come l'aria, e Poldo Orlandini che mi ha accolto in casa sua, è vero fratello di quel Checco Orlandini che avete veduto dai Mayer, e che in questo arrotarsi e sfregacciarsi insieme che si chiama convivere e conversare, ha saputo mantenere il suo conio primitivo, un po' ruvidetto a chi è avvezzo alle cose lisciate, ma intero di peso.
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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze 1863
pagine 416 |
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