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      L’autodidatta. Non si vuole ripetere il solito luogo comune che tutti i dotti sono autodidatti, in quanto l’educazione è autonomia e non impressione dal di fuori. Luogo comune tendenzioso che permette di non organizzare nessun apparato di cultura e di negare ai poveri il tempo da dedicare allo studio, unendo allo scorno la beffa, cioè la dimostrazione teorica che se non sono dotti la colpa è loro poiché ecc. ecc. Ammettiamo dunque che, salvo a pochi eroi della cultura (e nessuna politica può fondarsi sull’eroismo), per educarsi è necessario un apparato di cultura, attraverso cui la generazione anziana trasmette alla generazione giovane tutta l’esperienza del passato (di tutte le vecchie generazioni passate), fa acquistar loro determinate inclinazioni e abitudini (anche fisiche e tecniche che si assimilano con la ripetizione) e trasmette arricchito il patrimonio del passato. Ma non di ciò vogliamo parlare. Vogliamo proprio parlare degli autodidatti in senso stretto, cioè di quelli che sacrificano una parte o tutto il tempo che gli altri appartenenti alla loro generazione dedicano ai divertimenti o ad altre occupazioni, per istruirsi ed educarsi, e rispondere alla domanda: oltre alle istituzioni ufficiali esistono attività che soddisfino i bisogni nascenti da queste inclinazioni e come le soddisfano? Ancora: le istituzioni politiche esistenti, in quanto dovrebbero, si pongono questo compito di soddisfare tali bisogni? Mi pare che questo sia un criterio di critica da non buttar via, da non trascurare in ogni modo.


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Passato e presente
di Antonio Gramsci
pagine 364