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      Nell’esposizione dell’on. Giolitti vi è un accenno ai «lavoratori della terra». Potrebbe supporsi che per l’attuazione del suo programma l’on. Giolitti voglia appoggiarsi sulla classe dei contadini, che egli voglia diventare il leader del Partito popolare. Ma questa supposizione non ha consistenza politica. I grandi proprietari terrieri fanno parte integrale dell’apparecchio di governo economico che prende forma nell’alta banca; la rendita fondiaria è legata strettamente al profitto capitalistico, è anzi determinata dal profitto capitalistico: il paese va in sfacelo appunto per questo fenomeno. In Italia l’agricoltura, ancora in maggioranza estensiva, accentrandosi in un organismo unitario con la grande produzione industriale monopolizzata, non può che determinare un continuo aumento del prezzo della vita. L’agricoltura senza macchine, senza divisione del lavoro, senza impianti per l’irrigazione, equipara la sua rendita al profitto capitalistico, distillato dal lavoro dell’operaio che lavora nell’officina meccanica, che lavora nelle condizioni di piú alta produttività e di maggior rendimento. In questa coesistenza - nello stesso apparecchio di governo accentrato e monopolizzato - di due forme cosí distanti di produzione, è da ricercare l’origine della crisi italiana, l’origine dello scadimento degli istituti pubblici, l’origine della degradazione e della dissolutezza del costume. La forma assunta dall’apparecchio nazionale di produzione e di scambio non assicura la vita elementare delle grandi masse della popolazione, perché è rivolta unicamente ad assicurare alti profitti e grasse rendite ai capitalisti, ai proprietari terrieri, ai banchieri.


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Scritti politici
Seconda parte
di Antonio Gramsci
pagine 334

   





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