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      Alle frutta i giovani e il Re, avendo trincato, cominciavano a dirne delle belle: per cui Giovanna, temendo qualche brutto tiro, fatte portare le dodici bottiglie alloppiate, si alzò e disse: - «Signori, questo vino viene di lontano ed esce dalla cantina del Re mio padrone e padre di questa Principessa. Se siete cavalieri cortesi, io vi sfido a votarne una per ciascuno alla salute nostra.» - Detto fatto: le bottiglie furono votate, e di lì a poco il Re ed i giovani cominciarono a cascare dal sonno e si addormentarono sopra le loro poltrone, che parevano ghiri d'inverno. Ma non contenta Giovanna della burla, tirato fuori un par di forbici, tagliò a tutti e dodici un solo mostaccio, e quindi via per le scale in fretta seguita dalle compagne, e a casa: dove giunte, messe le robe ne' bauli[11], se ne partirono colle vetture fermandosi ad una villa fuor di mano, distante qualche miglio dalla città. Il Re e i compagni suoi non si destarono che all'alba, ma rotti e sfracasciati pel disagio e pel vino bevuto; gli era come se avessero del piombo dentro il cervello. Cominciarono a stiracchiarsi e a scionnarsi, e guardavan qua e là a similitudine di smemorati. A un tratto disse uno a un altro: - «Oh! tu hai un mostaccio solo». - E quello: - «Anche tu n'hai un solo». - «Poffareddina!» - esclamò il Re: - «Siam tutti conci in simil modo! Ce l'hanno fatta. Su su, vendichiamoci, perchè l'è troppo grossa. Burlare un Re! Non son più Re, se a quella malestrosa Giovanna non gliela faccio pagar cara».[12] - Inutilmente però cercarono le ragazze per la città: ma il Re ben presto col mezzo delle sue spie seppe dove s'erano ricoverate, e quindi risolvette sorprenderle sotto mentite vesti.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





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