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      Pigliò allora la cesta e diviato la portò in casa alla su' moglie, e tutti e due almanaccavano per indovinare chi mai avesse abbandonato lì a quel modo quelle tre creature. Finalmente disse il mugnaio: - «Senti, moglie: tu ha' sempre del latte e in casa ci sono du' capre. S'alleveranno questi bambini e si tireranno su alla meglio; e quando saranno grandi, ci potranno aiutare assieme[2] cogli altri nostri figlioli. Che te ne pare? Non sarebbe carità a lasciargli morire.» - «Sì, sì,» - dice la moglie, - «facciamo così. Si potrebbe anche ritrovare di chi sono.» - Passò del tempo e i bambini crescevano a vista d'occhio, ma belli, che avevano l'aria di signore dipinta nel viso; ma più che crescevano e la mugnaia gli aveva a noia. Non gli poteva soffrire a paragone de' su' figlioli veri, perchè loro erano bastardi; sicchè gli mandava fuori a guardare i maiali, e alle bambine gli dava della stoppaccia liscosa a filare, e quando tornavano a casa la sera, se i fusi non erano ben pieni, la mugnaia glieli sbatteva in sulle mani da farle piangere; e del pane e del companatico a que' poveri bambini gliene toccava a pena per tenersi in piedi. I bambini, che non sapevano chi fosse il loro babbo vero e la loro mamma vera, ma si credevano figlioli de' mugnai, erano
      disperati e si struggevano in lacrime sentendosi tanto maltrattati, e delle volte tra di loro si consigliavano come fare; ma il rimedio non c'era verso che lo trovassero, sicchè i giorni gli passavano senza consolazione. Un bel dì, che s'erano allontanati da casa co' su' maiali più del solito, arrivarono a un rio, e lì seduta ci stava una vecchina.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708