Di tali cautele critiche, così nell'uso dei concetti specifici, come nei modo di loro applicazione, non intendono nulla quei poveri evoluzionisti ad oltranza, che sono scienziati senza la grammatica e senza il galateo della scienza, ossia senza la logica.
Come ho detto più volte, le idee non cascano dal cielo, e anche quelle che in dati momenti vengon fuori da determinate situazioni, con impeto di fede e con veste metafisica, recano sempre in sé l'indizio di corrispondere a un ordine di fatti, di cui si tenti o si cerchi la spiegazione. L'idea del progresso, come di unificatore della storia, apparve con violenza e si fece gigante nel secolo decimottavo, ossia nel periodo eroico della vita politica ed intellettuale della borghesia rivoluzionaria. Come questa ha generato, nell'ordine delle opere, il periodo più intensivo di storia che mai si conosca, così ha prodotto in pari tempo la sua propria ideologia, nella nozione del progresso. Questa ideologia nella sua sostanza, e per il momento, vuol dire, che il capitalismo è la sola forma di produzione che sia capace di estendersi a tutta la terra, e di ridurre tutto il genere umano in condizioni che da per tutto si rassomiglino. Se la tecnica moderna può portarsi da per ogni dove, se tutto l'uman genere apparisce come un solo campo di concorrenza, e tutta la terra come un solo mercato, che maraviglia c'è se la ideologia, che coteste condizioni di fatto intellettualmente riflette, è venuta nell'affermazione, che la presente unità storica, sia stata preparata da tutto ciò che la precede?
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