Sia fatta la volontà di Dio, e se devo essere il martire della restaurazione, anche a questo sono preparato. Già poco più rimane ai miei nemici per conseguire lo intento."
La persecuzione scorgeva, o fingeva scorgere anche nei fatti nei quali, evidentemente, non entrava affatto. Una volta, nel cimitero di Livorno, trovò sfregiata la lapide del padre: che sia disgrazia o altro egli non pensa; devono essere i suoi nemici. "Ma che cosa ho mai fatto di scellerato onde mi abbiano a turbare le ossa dei miei morti per arrecarmi oltraggio? A tanto d'indegnità arriva l'astio brutale che calpesta ogni senso di religione sopra i morti, e co' morti hanno voluto i miei nemici trafiggermi il cuore!"
Ed ecco un esempio della magniloquenza con cui parla delle sue sventure.
Nella Apologia si paragona a Focione; ma pretende superarlo d'assai nei patimenti, perchè Focione con la morte li terminò ed egli sente da due anni il sepolcro e nonostante vive. Con peggiore esagerazione nelle Note autobiografiche: "Questa è la terza volta che tutti gli affanni della morte mi assalgono; se ciò mi viene dalla fama d'ingegno, oh! come caro comprata!... Cristo ebbe un'ora di passione, Cristo bevve un solo calice d'amarezza, per me i calici e le ore sommano a mille.... E Cristo, il quale era pur Dio, supplicava che la bevanda fosse allontanata, ed io devo trangugiarne più di lui.... Contemplo il destino... e mi consolo con quella antica sentenza: che l'uomo giusto indegnamente oppresso, è spettacolo degno degli Dei.
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