Nè il dialogo tra Creso e Solone ficcato in questo dialogo è una invenzione molto felice. Le osservazioni poi sono comuni e volgari, e non osservano nulla di particolare e di piacevole.
Il Tragitto è pieno di azione, non manca di bellezze e di sentimenti generosi: mostra la pena che si dà nell’inferno ad un Tiranno scelleratissimo: gli è opposto un Cinico che lo accusa di tutte le ribalderie commesse, ed un povero ciabattino vissuto onestamente. Vi scorgi acerbità molta, non quel sentimento di disprezzo che Luciano aveva per gli uomini e per le opinioni del suo tempo. Il cinico, tipo dell’uomo onesto e generoso, è opposto al tiranno; ma il filosofo maestro e medico degli uomini, non è concetto dello scettico Luciano, che si rideva della filosofia e dei filosofi.
Il Gallo è fatto per consolare i poveri, e persuaderli a non invidiare ai ricchi, dei quali si descrive a lungo la vita, le noie, i vizi, e infine se ne dimostrano le infamie. L’avidità del plebeo che non ode sermoni, e guarda soltanto alla materia ed all’utile, è dipinta assai bene. Consolatore del povero artigiano è un gallo nel quale è l’anima di Pitagora, è la filosofia che scende sino al povero, è il suo buon senso stesso che gli dimostra il vero. Ma questo buon senso non basta: il ciabattino deve vedere e toccare: così si persuade e si contenta della sua povertà. Il dialogo è bello, e non manca di molti mali bottoni gettati contro i filosofi.
Il Naviglio non mi pare indegno di Luciano, ed è una satira degli Ateniesi chiacchieroni e facitori di castelli.
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