Per trarne delli elisir di virtù suggestiva e suscitatori d'emozioni di pensiero, bisogna assaggiarli ed interrogarli colla erudizione e la originalità di un Des Esseintes: ma non tutti possono fare l'Huysmans di un D'Annunzio, perché il critico, se fosse di tal fatta prestigioso, penserebbe più tosto a produrre originalmente, non a compiacersi di riveder le buccie ad altrui.
E però, io ho terminato collo stancarmi nell'esercizio raffinato di analizzare la composita cucina, di ricercarne le materie prime, di stillarmi l'imaginazione dietro il leggiero aliare de' loro profumi, per correre lontane avventure d'esotismo erotico; oggi, non amo più la trucolenza adiposa e floscia del comporre, che non sa esprimere, da ogni parola impiegata, il suo spirito vitale, il suo concetto, il suo intimo sapore. E forse, oggi, io mi son uno, che, già distoltomi da Alessandro Manzoni per incompatibilità di carattere filosofico e politico, vi ritorna per gustarne la magnifica prosa schietta, snella, elastica, robusta; e, nel ricordarlo, voglio che lo accettiate come un principe dell'humorismo lombardo, ché tale fu sopra tutto per il suo stile.
Davanti a Manzoni non accorgo più l'autore del Piacere come un qualche cosa di grave e di magnifico, sì bene come uno scheletro gibboso, ripolito e dorato, in teca di cristallo. La macabra visione mi desta un senso penoso che mi spinge a compiangere, che mi piega ad amare, perché nessun altro, peggio del D'Annunzio, si è ingannato sul proprio riguardo. Vedetelo, proprio ora, che, senza compartecipare, cinquantenne fuoroscito, senza aver mai prima saputo amar convenientemente la patria - perché se l'avesse bene amata avrebbe anche potuto meglio riordinar la sua vita - che giunge al parossismo delle scalmane tanto da sembrare un agente provocatore con le famigerate Canzoni della gesta d'oltre mare!
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