Il che pur nondimen lungi è dal vero.
Chè convenia che le minute biadeSovente ancor da duri sassi infrante
Desser segno di sangue o d'altra cosaDi cui si nutra il nostro corpo, e sangue
Grondasse dalle pietre allor che l'unaSi stritola con l'altra: e l'erbe ancora
Per la stessa ragione e l'acque insipideStillar dovrian di bianco latte e dolce
Soavissime gocce, appunto comeStillan le mamme dell'irsute pecore;
E della terra le spezzate zolleMostrarne erbe diverse e frondi e biade
Minutamente per la terra sparse,
Prima occulte a' nostr'occhi e poi palesi:
Sminuzzando le legna anco vedremmoPicciole particelle ivi celarsi
E di fumo e di cenere e di foco.
Le quali tutte cose il senso stessoEsser false n'accerta: onde a me lice
Dedur che misto in ogni cosa il tuttoEsser non può, ma ben convien che i semi
Comuni a molti corpi in molti corpiSian mischiati ed occulti in molti modi.
Ma sento un che mi dice - In su gli alpestriMonti spesso addivien che l'alte piante
Fregan sì le vicine ultime cimeL'una con l'altra, a ciò forzate e spinte
Dal gagliardo soffiar d'austro e di coro,
Che foco n'esce onde s'alluma il bosco. -
Or questo è ver: ma non pertanto innatoNon è l'ardor negli alberi; ma molti
Semi vi son di foco, i quai per quelloVïolento fregar s'uniscon tosto
Ed accendon le selve: chè, se tantaFiamma nascosta entro alle piante fosse,
Non potrebbe giammai celarsi il foco,
Ma serpendo per tutto in un momentoOgni selva arderebbe ed ogni bosco.
Vedi tu dunque per te stesso omaiQuel che poc'anzi io dissi: importa molto
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