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      Fra lor la vita; nè capir si puoteCome nulla sentir possano i corpi
      Dalle menti divisi o pur le mentiSeparate da' corpi: ond'è pur d'uopo
      Che di moti comuni e quinci e quindiPer le viscere a noi s'accenda il senso.
      In oltre; non si genera nè cresceMai per sè stesso il corpo, e d'alma privo
      Tosto s'imputridisce e si corrompe.
      Poichè; quantunque il molle umor dell'acquePerda spesso il sapor che gli fu dato,
      Nè per ciò sia distrutto, anzi rimangaSenz'alcun danno; non per tanto i corpi
      Non son bastanti a sofferir che l'almaSi parta e gli abbandoni, ma convulsi
      Muoion del tutto e fansi esca de' vermi;
      Poichè fin da principio, anco ripostiNelle membra materne e dentro all'alvo,
      Hanno i moti vitali in guisa unitiE scambievoli i morbi il corpo e l'alma,
      Che non può l'un dall'altro esser divisoSenza peste comun: tu quindi adunque
      Ben conoscer potrai, che, se congiuntaLa causa è di salute, è d'uopo ancora
      Che unita sia la lor natura e l'essere.
      Nel rimanente poi, s'alcun rifiutaChe senta il corpo e crede pur che l'alma
      Sparsa per ogni membro abbia quel motoChe senso ha nome, egli per certo impugna
      Cose veraci e manifeste al senso.
      Chè, chi mai potrà dire in che consistaDel corpo il senso, altro che 'l senso istesso
      Che sol n'addita e ne fa noto il tutto?
      Nè qui sia chi risponda - Il corpo privoD'anima, resta anco di senso ignudo: -
      Posciach'egli, oltre a ciò, molt'altre cosePerde senz'alcun dubbio, allor che lunga
      Età l'opprime e lo converte in polve.
      Ma, l'affermar che gli occhi oggetto alcunoVeder non ponno e che la mente è quella


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Della natura delle cose
di Tito Lucrezio Caro
Casa Editrice Sonzogno Milano
1909 pagine 330