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      - Un corno, - disse fra sè Don Abbondio.
      «Ella potrà», proseguì il Conte, «assistere quelli fra noi che lasciassero la vita in questa impresa di misericordia».
      «Signor Conte», disse Don Abbondio, «sarà quel che Dio vorrà». E così dicendo girava la testa a guardare qual fosse la più vicina e la più alta delle cime che dominavano il promontorio su cui era posto il castello, per fissarsi uno scampo dove in quel caso poter benedire i combattenti.
      Non rimaneva nel castello più che un letto libero; e fu dato, com'era giusto, a Don Abbondio prete e vecchio. Ma il Conte, memore della notte che Lucia aveva quivi passata, non avrebbe potuto sofferire che la madre di lei, dormisse su la paglia. Fece quindi portare il suo letto nel dormitorio delle donne, e disporlo quivi per Agnese, intimando ai servi che si guardassero bene dal dire che quello era il letto del padrone: e nella sua stanza fece in quella vece portare una bracciata di paglia.
      Quindici giorni circa passarono i nostri rifuggiti nel castello; quindici giorni di batticuore e di sospetto, di spauracchi subitanei, e di rincoranti non è vero, di vigilie, di allarmi, di pericoli, che grazie al cielo tutti svanirono senza danno. Il castello era fuor di strada, e quei pochi demonj di lanzichenecchi sbandati che capitavano alle falde del promontorio, veggendo su per la via uomini in arme, e non sapendo quanti più ve ne fosse in alto, più curiosi allora di preda che di battaglia, se ne tornavano, pel loro meglio. Oltracciò la parte dell'esercito che nella marcia si diffondeva lungo l'estremo confine aveva un interesse urgente di tenersi raccolta, e all'erta, e di non disperdersi troppo a buscare.


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Fermo e Lucia
di Alessandro Manzoni
pagine 802

   





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