La quale se qui ha sufficiente forza e calore, scende nondimeno un poco ad inopportuna leggerezza; onde se dal cantante non si fa ogni potere per accentarla, degenera facilmente in motivo ballabile. Il terzo atto in generale non determina adunque come gli altri i caratteri, e non rivela manifestamente il concetto dell'Opera.
Si noti che se io nel largo del tenore ho tacciato il Verdi di poca novità, non ho inteso già di farlo secondo il costume volgare. Quando una grande tradizione precede, è impossibile evitare l'imitazione negli accidenti di un'Opera; ma chi sa creare il carattere di un'Opera, chi sa creare il colorito alle situazioni principali e il carattere dei personaggi, non monta che faccia sua in qualche accidente una frase altrui: egli è grande. E tale io stimo il Verdi, e però nel parlare alcuna volta delle sue pecche io fo, per dir così, a fidanza con lui, sapendo che ai grandi ingegni torna accetta la Critica che condanna, quando però questa è leale, costumata e ragionata, e non vendereccia, villana e dommatica come quella che, salvo poche e nobili eccezioni, predomina nel giornalismo d'oggidì.
ATTO IV. Uno scrittore per valente ch'ei fosse non potrebbe ritrarre il quarto atto di quest'Opera neanche debolmente. Il sentimento che vi è sparso, la profondità che vi domina, e l'arte con cui tutto è condotto, rendono la Musica del quarto atto sovrumana cosa. Dopo un cupo suono dell'orchestra si leva la tela, e la scena rappresenta l'esterno di antico castello, in una prigione del quale vivono sepolti Manrico ed Azucena.
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