Inoltre io trovo nel Boccanegra alcuni luoghi alquanto monotoni o poco melodici, per essere le note di troppo pedisseque delle parole poetiche. Questo procedere sul quale io richiamo l'attenzione, non mai perché il Verdi vi caggia soverchiamente, ma per fare un’osservazione generale, trova in certo senso il suo parallelo in un antico andazzo della declamazione drammatica, a' dì nostri ritornato a vita dalla Ristori con nocumento grandissimo dell'Arte. Uno dei molti difetti di questa donna egli è certamente quello di seguire col gesto e coi movimenti del volto ogni lieve inflessione della parola. Vedetela, a maniera di esempio, nella Medea quando ella racconta a Creusa i suoi amori. La Poesia dice ch'ella rimase stupida e muta al primo sguardo del giovine eroe, ed ella si atteggia di fatti come fosse non persona viva, ma di sasso: la Poesia dice che erravano a caso le sue pupille, ed ella le fa errar nell'orbita come farebbe una donna-macchina; nel racconto si dice che l'amante la invitò a fuggire, ed ella sulla scena si muove come per fuggire: quando la parola afferma ch'ella se incontrasse il suo amante con altra donna farebbe loro quel che fa il leopardo nel cupo della selva, questa donna dà un grido feroce, pari a quello del leopardo. E simili sconcezze che io non voglio più esporre, poiché soffro soltanto a rammentare gli atletici movimenti con cui essa incompostamente sbraccia per esprimere lo squartare a brano a brano che il leopardo fa della preda. Ma non vi accorgete che l'idealità dall'Arte è deturpata con questi artifizi, i quali in ogni rappresentazione si ripetono con matematica eguaglianza?
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