E ciò perché, se la mente ritenesse ne i sogni l'uso delle sue facoltà, cioè del volere, del discernere, e del giudicare, non si sa capire, come essa non si accorgesse di tanti spropositi, ed azioni incredibili e ridicole, che succedono nelle commedie della fantasia sognate. Quanto più poi se ne avvedrebbe la mente dei filosofi, che sa per lo più conoscere vegliando, se il senso le reca delle false ambasciate? Ora finché venga, chi più chiaramente spieghi l'economia de i sogni, e lo scuro fenomeno della parte, che in essi ha la mente nostra: sia a me permesso di esporre quel poco, che mi va per capo. Tengo dunque anch'io per massima certa, che non si formi sogno, che la mente nostra non solo ne sia consapevole, ma che ancora vi assista. Allorché in esso noi succedono sogni vivaci, e massimamente se di curiosi avvenimenti, svegliati che siamo, se vi riflettiamo, con facilità ci ricordiamo di quella fantastica azione, e delle parole allora dette, che han lasciata qualche impressione nella fantasia. Quando la mente non vi fosse intervenuta, non riconoscerebbe ella punto quei fantasmi, come formati nel sogno passato. Il ricordarsene ella, lo stesso è, che far intendere una precedente apprension de i medesimi, siccome avvien di tutti gli altri oggetti, de i quali intanto ci circondiamo, in quanto prima ne passò l'idea alla fantasia con coscienza della mente. Se noi chiedessimo, chi muova i sogni, la mente, o la fantasia: potrebbe talun rispondere, secondo il sistema cartesiano, che pensando sempre la nostra mente, cioè ruminando i fantasmi posti nella fantasia, parrebbe, ch'ella fosse la motrice dei sogni.
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