NOVELLE ITALIANE DALLE ORIGINI AL CINQUECENTO


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     Ragionasi adunque che essendo Musciatto Franzesi di ricchissimo e gran mercatante in Francia cavalier divenuto e dovendone in Toscana venire con messer Carlo Senzaterra, fratello del re di Francia, da papa Bonifazio addomandato e al venir promosso, sentendo egli gli fatti suoi, sì come le più volte son quegli de' mercatanti, molto intralciati in qua e in là, e non potersi di leggiere né subitamente stralciare, pensò quegli commettere a più persone, e a tutti trovò modo: fuor solamente in dubbio gli rimase, cui lasciar potesse sofficiente a riscuoter suoi crediti fatti a più borgognoni. E la cagion del dubbio era il sentire li borgognoni uomini riottosi e di mala condizione e misleali; e a lui non andava per la memoria chi tanto malvagio uom fosse, in cui egli potesse alcuna fidanza avere che opporre alla loro malvagità si potesse. E sopra questa essaminazione pensando lungamente stato, gli venne a memoria un ser Cepperello da Prato, il qual molto alla sua casa in Parigi si riparava: il quale, per ciò che piccolo di persona era e molto assettatuzzo, non sappiendo li franceschi che si volesse dire Cepparello, credendo che "cappello", cioè "ghirlanda", secondo il loro volgare a dir venisse, per ciò che piccolo era come dicemmo, non Ciappello, ma Ciappelletto il chiamavano: e per Ciappelletto era conosciuto per tutto, là dove pochi per ser Cepperello il conoscieno. Era questo Ciappelletto di questa vita: egli, essendo notaio, avea grandissima vergogna quando uno de' suoi strumenti, come che pochi ne facesse, fosse altro che falso trovato; de' quali tanti avrebbe fatti di quanti fosse stato richiesto, e quelli più volentieri in dono che alcun altro grandemente salariato. Testimonianze false con sommo diletto diceva, richiesto e non richiesto; e dandosi a que' tempi in Francia a' saramenti grandissima fede, non curandosi fargli falsi, tante quistioni malvagiamente vincea a quante a giurare di dire il vero sopra la sua fede era chiamato. Aveva oltre modo piacere, e forte vi studiava, in commettere tra amici e parenti e qualunque altra persona mali e inimicizie e scandali, de' quali quanto maggiori mali vedeva seguire tanto più d'allegrezza prendea. Invitato ad un omicidio o a qualunque altra rea cosa, senza negano mai, volonterosamente v'andava, e più volte a fedire e ad uccidere uomini colle proprie mani si trovò volentieri. Bestemmiatore di Dio e de' Santi era grandissimo; e per ogni piccola cosa, sì come colui che più che alcun altro era iracundo. A chiesa non usava giammai e i sacramenti di quella tutti come vil cosa con abominevoli parole scherniva; e così in contrario le taverne e gli altri disonesti luoghi visitava volentieri e usavagli. Delle femine era così vago come sono i cani de' bastoni, del contrario più che alcun altro tristo uomo si dilettava. Imbolato avrebbe e rubato con quella coscienza che un santo uomo offerrebbe. Gulosissimo e bevitore grande, tanto che alcuna volta sconciamente gli facea noia: giucatore e mettitor di malvagi dadi era solenne. Perché mi distendo io in tante parole? egli era il piggiore uomo forse che mai nascesse. La cui malizia lungo tempo sostenne la potenzia e lo stato di messer Musciatto, per cui molte volte e dalle private persone, alle quali assai sovente faceva ingiuria, e dalla corte, a cui tuttavia la facea, fu riguardato.


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