NOVELLE ITALIANE DALLE ORIGINI AL CINQUECENTO


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     Al quale il santo frate disse: - Dì sicuramente, ché il ver dicendo è in confessione né in altro atto si peccò giammai.
     Disse allora ser Ciappelletto: - Poiché voi di questo mi fate sicuro, e io il vi dirò: io son così vergine come io uscì del corpo della mamma mia.
     - O benedetto sia tu da Dio! - disse il frate - come bene hai fatto! e, faccendolo, hai tanto più meritato, quanto, volendo, avevi più d'arbitrio di fare il contrario che non abbiam noi e qualunque altri son quegli che sotto alcuna regola sono costretti.
     E appresso questo il domandò se nel peccato della gola aveva a Dio dispiaciuto. Al quale, sospirando forte, ser Ciappelletto rispuose di sì, e molte volte; perciò che, con ciò fosse cosa che egli, oltre a' digiuni delle quaresime che nell'anno si fanno dalle divote persone, ogni settimana almeno tre dì fosse uso di digiunare in pane e in acqua, con quello diletto e con quello appetito l'acqua bevuta avea, e spezialmente quando avesse alcuna fatica durata o adorando o andando in pellegrinaggio, che fanno i gran bevitori il vino; e molte volte aveva disiderato d'avere cotali insalatuzze d'erbucce, come le donne fanno quando vanno in villa, e alcuna volta gli era paruto migliore il mangiare che non pareva a lui che dovesse parere a chi digiuna per divozione, come digiunava egli.

     Al quale il frate disse: - Figliuol mio, questi peccati sono naturali e sono assai leggieri, e per ciò io non voglio che tu ne gravi più la conscienzia tua che bisogni. Ad ogni uomo addiviene, quantunque santissimo sia, il parergli dopo lungo digiuno buono il manicare, e dopo la fatica il bere.


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